venerdì 22 febbraio 2013

Torino, il Torino e La Juventus visti da fuori....





Bisogna avere il coraggio di andarsene quando si capisce che il proprio momento è arrivato, che il proprio tempo è trascorso, senza aspettare di vedere la curva discendente. Questo ho sempre pensato degli artisti, delle persone carismatiche, degli sportivi. È vero coraggio prendere la propria storia tra le mani e decidere che è il momento di lasciare il posto ad altri, anche se si è al massimo della gloria. Ma se la fine arriva senza che tu possa deciderlo, se ad esempio è una collina, mettiamo la collina di Superga, a decidere per te? Ci ho pensato molto da che sono a Torino, nel 2013 fanno 11 anni, come i giocatori in campo, preferibilmente a maglia granata! 

Mi sono innamorata perdutamente di questa città fin dalla prima visita nel 2001, l’ho trovata affine al mio carattere, fuori apparentemente fredda e difficile, ma dentro piena di emozioni dirompenti. E poi ho deciso, è coraggio anche quello, è il coraggio di rimanere grandi e continuare a far sognare la gente come per tanti anni, quelli più difficili della nostra storia di Italiani è stato. Invincibili e con un grande lascito, ma questo dovrebbe essere stimolante e non mai deprimente.
 Quando frequentavo le scuole medie mio padre a tavola ogni tanto ci raccontava la storia del Grande Torino. Raccontava molti aneddoti della sua gioventù, il militare, le amicizie, il calcio, sua grande passione, sia guardato e tifato che praticato, fino a quasi cinquant’anni di età. Parlando del Torino declamava l’ultima formazione prima di quel maledetto schianto: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Ossola, Grezar, Mazzola… non li ricordo nell’ordine giusto, sono cresciuta a urla di “Forza Napoli!”, però quando mio padre parlava del Torino la sua voce si riempiva d’affetto e a un certo punto diceva che quella era la squadra di quando era ragazzo, che tutti i suoi amici tifavano Torino e quando lo ascoltavo non pensavo mai che sarei arrivata in questa città, piena di speranze ed energie per affrontare il futuro. Non so molto di calcio, ma il Torino mi è sempre stato simpatico, anche se mi sono interessata alla sua squadra solo negli ultimi anni qui: da lontano era la Juventus a primeggiare nei discorsi dei miei amici che pedissequamente si aggregavano al più forte… in apparenza almeno. Ma stando a Torino ho capito molte cose: intanto che è una città meravigliosa, riservata, orgogliosa, schizzinosa, non ti blandisce per conquistarti, i suoi doni maestosi sono sotto i tuoi occhi ma in un certo senso sono inaccessibili, te li devi guadagnare, sudare, meritare; non sempre me ne sento all’altezza e insisto a volere farmela amica pur non avendo vinto tutte le sue resistenze; ecco, sento che il Toro è così: devi meritarti tutto quello che ne viene, devi sudare e faticare e mantenere un orgoglio e una forza d’animo che non è da tutti per poi essere premiato al massimo con un sorriso! Per carattere devo dire che preferisco mille volte questo che non le facili vittorie di chi si può permettere sempre di acquistare il meglio, forse perché non credo nel denaro che compra ogni cosa. 


Quindi per me il Toro è Torino, in ogni senso, in ogni fibra e se una persona che ami ama il Torino, devi amarlo anche tu. Nemmeno “devi”, senti che è l’unica strada percorribile, anche se per competenze e interessi puoi al massimo guardarlo da lontano con il cuore che trabocca di emozioni e lo stomaco che si chiude per l’ansia.
Ho pensato che, a parte per chi la propria fede la coltiva dalla nascita, per chi viene da fuori “scegliere” (perché è più sentire che scegliere davvero) la Juve o il Toro è come nel primo caso, andare in vacanza in una bellissima città turistica, dove devi fare a spintoni con la gente per vedere qualcosa di bello, essendo aggredito dalle offerte allettanti (ma spesso ingannevoli) dei ristoranti che cucinano surgelati a turisti sprovveduti, e nel secondo caso faticando e insistendo per trovare un posticino poco conosciuto, ma dove sei servito benissimo, mangi davvero locale ed esci con il sorriso anche se hai speso qualcosa di più. Quest’ultimo è il Toro per me. È questo che mi viene in mente quando penso alle dicotomie perenni presenti in questa città: collina/periferia, borghesi/operai, Juve/Toro… e spero che chiunque scelga di venire a vivere in questa città maestosa e generosa (fino all’eccesso) non si fermi all’apparenza, ma sia pronto a faticare, a lottare, a sudarsi le attenzioni di chi ha davvero una Storia e la porta addosso. In fondo per me Torino è amore e il Toro è Torino… cos’altro avrei potuto fare?

CLESSIDRA 




NOTA DELLA REDAZIONE: RINGRAZIAMO L'AUTRICE PER AVERCI CONCESSO DI PUBBLICARE QUESTO ARTICOLO CHE RENDE BENE L'IDEA DELLE DIFFERENZE TRA NOI E "LORO".

VI INVITIAMO A VISITARE IL BLOG DELLA BRAVISSIMA CLESSIDRA ALLA PAGINA:
 
http://fatterelli.wordpress.com/

IO L'HO FATTO E VI ASSICURO CHE NE VALE LA PENA!!!


1 commento:

  1. Clessidra, ci sei entrata dentro e meglio non potevi descriverci: il Toro e i tifosi Granata. Questo riconoscimento vale molto, grazie.

    Pietro

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