Bisogna avere il coraggio di andarsene quando si capisce che
il proprio momento è arrivato, che il proprio tempo è trascorso, senza aspettare
di vedere la curva discendente. Questo ho sempre pensato degli artisti, delle
persone carismatiche, degli sportivi. È vero coraggio prendere la propria
storia tra le mani e decidere che è il momento di lasciare il posto ad altri,
anche se si è al massimo della gloria. Ma se la fine arriva senza che tu possa
deciderlo, se ad esempio è una collina, mettiamo la collina di Superga, a
decidere per te? Ci ho pensato molto da che sono a Torino, nel 2013 fanno 11
anni, come i giocatori in campo, preferibilmente a maglia granata!
Mi sono
innamorata perdutamente di questa città fin dalla prima visita nel 2001, l’ho
trovata affine al mio carattere, fuori apparentemente fredda e difficile, ma
dentro piena di emozioni dirompenti. E poi ho deciso, è coraggio anche quello, è
il coraggio di rimanere grandi e continuare a far sognare la gente come per
tanti anni, quelli più difficili della nostra storia di Italiani è stato.
Invincibili e con un grande lascito, ma questo dovrebbe essere stimolante e non
mai deprimente.
Quando frequentavo le scuole medie mio padre a tavola ogni
tanto ci raccontava la storia del Grande Torino. Raccontava molti aneddoti
della sua gioventù, il militare, le amicizie, il calcio, sua grande passione,
sia guardato e tifato che praticato, fino a quasi cinquant’anni di età.
Parlando del Torino declamava l’ultima formazione prima di quel maledetto
schianto: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Ossola, Grezar, Mazzola… non li ricordo
nell’ordine giusto, sono cresciuta a urla di “Forza Napoli!”, però quando mio
padre parlava del Torino la sua voce si riempiva d’affetto e a un certo punto
diceva che quella era la squadra di quando era ragazzo, che tutti i suoi amici
tifavano Torino e quando lo ascoltavo non pensavo mai che sarei arrivata in
questa città, piena di speranze ed energie per affrontare il futuro. Non so
molto di calcio, ma il Torino mi è sempre stato simpatico, anche se mi sono
interessata alla sua squadra solo negli ultimi anni qui: da lontano era la Juventus a primeggiare
nei discorsi dei miei amici che pedissequamente si aggregavano al più forte… in
apparenza almeno. Ma stando a Torino ho capito molte cose: intanto che è una
città meravigliosa, riservata, orgogliosa, schizzinosa, non ti blandisce per
conquistarti, i suoi doni maestosi sono sotto i tuoi occhi ma in un certo senso
sono inaccessibili, te li devi guadagnare, sudare, meritare; non sempre me ne
sento all’altezza e insisto a volere farmela amica pur non avendo vinto tutte
le sue resistenze; ecco, sento che il Toro è così: devi meritarti tutto quello
che ne viene, devi sudare e faticare e mantenere un orgoglio e una forza
d’animo che non è da tutti per poi essere premiato al massimo con un sorriso!
Per carattere devo dire che preferisco mille volte questo che non le facili
vittorie di chi si può permettere sempre di acquistare il meglio, forse perché
non credo nel denaro che compra ogni cosa.
Quindi per me il Toro è Torino, in ogni senso, in ogni fibra
e se una persona che ami ama il Torino, devi amarlo anche tu. Nemmeno “devi”,
senti che è l’unica strada percorribile, anche se per competenze e interessi
puoi al massimo guardarlo da lontano con il cuore che trabocca di emozioni e lo
stomaco che si chiude per l’ansia.
Ho pensato che, a parte per chi la propria fede la coltiva
dalla nascita, per chi viene da fuori “scegliere” (perché è più
sentire che scegliere davvero) la Juve o il Toro è come nel
primo caso, andare in vacanza in una bellissima città turistica, dove devi fare
a spintoni con la gente per vedere qualcosa di bello, essendo aggredito dalle
offerte allettanti (ma spesso ingannevoli) dei ristoranti che cucinano
surgelati a turisti sprovveduti, e nel secondo caso
faticando
e insistendo per trovare un posticino poco conosciuto, ma dove sei servito
benissimo, mangi davvero locale ed esci con il sorriso anche se hai speso
qualcosa di più. Quest’ultimo è il Toro per me. È questo che mi viene in mente
quando penso alle dicotomie perenni presenti in questa città:
collina/periferia, borghesi/operai, Juve/Toro… e spero che chiunque scelga di
venire a vivere in questa città maestosa e generosa (fino all’eccesso) non si
fermi all’apparenza, ma sia pronto a faticare, a lottare, a sudarsi le
attenzioni di chi ha davvero una Storia e la porta addosso. In fondo per me
Torino è amore e il Toro è Torino… cos’altro avrei potuto fare?
CLESSIDRA
NOTA
DELLA REDAZIONE: RINGRAZIAMO L'AUTRICE PER AVERCI CONCESSO DI
PUBBLICARE QUESTO ARTICOLO CHE RENDE BENE L'IDEA DELLE DIFFERENZE TRA
NOI E "LORO".
VI INVITIAMO A VISITARE IL BLOG DELLA BRAVISSIMA CLESSIDRA ALLA PAGINA:
http://fatterelli.wordpress.com/
IO L'HO FATTO E VI ASSICURO CHE NE VALE LA PENA!!!