Dopo ogni sconfitta del Toro da
anni vivo momenti di meditabonda confusione in cui la domanda che mi
pongo è : come è possibile? Come è possibile perdere una squadra
intera che sta dominando da anni in Italia e si è ritagliata una
notorietà mondiale fatta di stima e riconoscimenti, per un colpo
vigliacco del destino che ti tende l'agguato in un pomeriggio di un
giorno di maggio sessantadue anni fa sul cielo di casa? Come si fa a
risorgere dalle ceneri nel giro di pochi anni e quando ti riafacci al
mondo che conta, perdere l'artista che tutti ti invidiano, simbolo di un
mondo nuovo che sta nascendo e ripiombare nell'anonimato? Come si fa a
riprendere il cammino, tornare a far sognare la tua gente, riassaporare
il piacere della vittoria, lo scudetto,e pagarlo con la perdita di uno
dei tuoi figli più cari, quel Giorgio che pareva essere nato da una
costola degli eroi di Superga. Come si fa a risorgere nuovamente ed
arrivare a sfiorare quella Coppa internazionale che manca nella
bacheca societaria perchè i pali stregati dello stadio di Amsterdam tre
volte tre hanno sbarrato la porta della gioia ad un popolo di
romantici sognatori aggrappati ad una idea di pura felicità sportiva
unica al mondo? Come è possibile che si venga abbandonati ad un destino
immeritato, il fallimento, da quegli organi che come riportato su una
lapide posta là dove si schiantarono quegli uomini eroi di tempi in cui i
valori parevano esistere,si sono dichiarati riconoscenti ad una
società, il Torino, artefice in quegli anni di ricostruzione post
-guerra mondiale, della rinascita dell' orgoglio di una nazione in
ginocchio? Quanti altri punti interrogativi affollano la mia mente
quando penso alle vicessitudini del Toro. Come vorrei che tutto
rientrasse nella normalità; che sedermi davanti al televisore e
assistere ad una partita di calcio della mia squadra del cuore fosse un
fatto normale di una giornata normale di normale svago e non un momento
di sofferenza e tensione continua. Ci avete fatto caso che finora
abbiamo perso tre partite: una contro il Gubbio, allenata da un certo
Simoni ex giocatore e allenatore del Toro, una contro il Padova
allenato da Dal Canto ex giocatore di un Torino, quello di Sonetti, che
cercava di uscire da un momento difficile del dopo Borsano e l'ultima
contro il Modena di Cuttone, ragazzo del Fila con un vice che risponde
al nome di Longo, giocatore importante del Toro FC di Cairo che tornò
all'onor del mondo dopo un incredibile fallimento. Destino che ci
attraversa la strada in continuazione ma che ogni volta invece di
abbatterci ci da la forza di ripartire quasi che fra noi e il fato ci
sia un patto tacito per cui più siamo vessati e maggiormente cresce la
passione. Passione coagulata intorno ad una squadra di calcio che per
chi si ciba di questo amore semplice squadra non è ma contenitore di
passione, valori, idee di solidarietà, antichi sentimenti che se è
vero che a volte sconfinano con una retorica fatta di un vittimismo
non presente in chi ha come obiettivo vincere a tutti i costi ma si
insinua in chi otto volte su dieci è veramente vittima.
Fulvio
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