Tante sono le considerazioni da fare
su questo sofferto ma meritato successo casalingo. La prima
considerazione è che dopo il match con il Grosseto, alla luce dei
precedenti con Cittadella e Brescia, dissi che il canovaccio sarebbe
stato sempre stato lo stesso vale a dire all'Olimpico tutti nella
propria metacampo dietro la linea della palla pronti a ripartire
appproffittando dello sbilanciamento dei nostri in avanti. Considerando
che così l'azione di impostazione del gioco nasce dallo scambio di palla
dei nostri quattro difensori in attesa dello smarcamento di qualcuno in
mezzo o là davanti, finisce che si trovano in quattro contro otto
subendo una situazione di raddoppio difensivo sin dal ricevimento della
palla. E' chiaro che in questa condizione è oltremodo difficile trovare
lo sbocco verso l'area avversaria e il rischio di prestare il fianco
alle ripartenze degli avversari è sempre possibile.
Ma la consapevolezza
della propria forza è l'arma vincente perchè permette di non cadere
negli affanni di chi pensa di non farcela complicandosi
tutto. Un'altra considerazione è quella relativa al necessità di
ricorrere a formazioni di volta in volta diverse perchè nel calcio
moderno non esiste più il calciatore che sa svolgere, a seconda
dell'avversario o della situazione tattica mutata, un doppio ruolo. Mi
spiego meglio: quando Ventura avverte l'esigenza di essere più coperto
sulle fascie perchè deve cautelarsi laddove l'avversario, nella ricerca
del gol per il risultato, ha maggior facilità di manovra, ecco che
toglie un laterale spiccatamente offensivo come Stevanovic e inserisce
un D'ambrosio abituato a partire da una posizione arretrata. Il
giocatore che sa agire nelle due fasi leggendo alla perfezione il
momento tattico della partita è molto raro e quindi è necessario che
l'allenatore sia attento e tempestivo nell'intervenire. Mi vengono in
mente due giocatori del passato che in questa duplice fase erano dei
veri maestri, vale a dire Angelo Domenghini nell'Inter e nella nazionale
di Valcareggi (quella di Città del Messico, mondiali 1970 per
intenderci) e Rosario "Serino" Rampanti, pupillo di Giagnoni oltrechè
corregionale, tornante di destra di quel Torino che ebbe il merito di
riportare la gente granata a sognare lo scudetto dopo tanti anni.
Attualmente in rosa non abbiamo giocatori con queste caratteristiche
così si sacrifica un ottimo attaccante come Antenucci in un ruolo che in
trasferta, con spazi più ampi a disposizione, può essere devastante
come in occasione del gol di Bianchi a Genova, ma in casa, costantemente
raddopiato e chiamato a coprire per evitare i contropiedi degli
avversari, si trova in difficoltà. Inoltre, lasciando spesso solo
Parisi, costringe quest'ultimo a non avventurarsi in anticipi o
interventi sull'ala che, se fosse superato in dribbling, avrebbe via
libera verso il fondo o addirittura dentro l'area di Coppola. Questi
sono i rischi che corriamo in casa ma sbaglia chi dice che la fortuna ci
assiste e è determinante perche' lo è in misura uguale per tutti.
Nell'occasione dello sventato rinvio del nostro portiere, se la
palla, finita addosso mi pare a Raimondi, fosse carambolata in rete,
si sarebbe forse trattato della conclusione di una pericolosa azione
avversaria? No, siamo finalmente squadra forte e conscia delle proprie
capacità ma soprattutto umile ed attendista: doti fondamentali per
chiudere i novanta di gioco con in mano il risultato. Ho letto che in un
ristorante cittadino alcuni clenti avendo riconosciuto fra gli altri
ospiti Ventura, lo abbiano applaudito.Vorrei unirmi simbolicamente a
quegli applausi perchè il merito di aver creato una squadra vera dalle
ceneri è degno di essere sottolineato con applausi.
Fulvio
Bell'analisi, complimenti per il sito
RispondiEliminaBeppe