<<Gigi Meroni è stato tra i simboli di
un'epoca. E' stato il simbolo di una certa (bellissima) idea di calcio.
Per questo oggi il suo ricordo giganteggia. Per questo nessuno oggi
immaginerebbe più di raccontare l'Italia degli anni sessanta, non solo
calcistici, senza nominarlo. Per gli uomini che segnano i tempi è sempre
cosi. Prima sottovalutati, poi riscoperti e vissuti con identificazione
e ammirazione crescenti>>. Così lo definì Nando Dalla Chiesa.
Era il 15 ottobre 1967, una sera uggiosa di un
autunno torinese, quando la "Farfalla Granata" ha spiegato le ali
compiendo il suo ultimo volo. Corso Re Umberto, poco lontano dal centro
del capoluogo piemontese; un'auto, causa nebbia ed oscurità, non si
accorge della presenza di Gigi Meroni, che sta attraversando la strada e
lo centra in pieno. Muore così uno dei più grandi giocatori della
storia del Toro, ma soprattutto si spegne la vita di questo eccentrico, e
mai banale, ragazzo di 24 anni.
Durante la mattinata di oggi, una delegazione del
Torino F.C. poggerà alla base del cippo commemorativo una corona di
fiori in ricordo della Farfalla Granata, scomparsa 44 anni fa.
La carriera di Meroni inizia nel Como, la squadra
della sua città natale, nelle cui giovanili milita fino all'età di 19
anni, quando viene ceduto al Genoa. Come in un sogno, Gigi si ritrova
improvvisamente catapultato in una realtà ben diversa da quella di
provincia, vissuta fino a quel momento; ora è nel calcio che conta, è
nella squadra più antica d'Italia, una delle più titolate, in quegli
anni. Quaranta presenze con la maglia rossoblu, poi la cessione, nel
1964, ai granata. Rimpianto dalla tifoseria del "grifone", subito amato
da quella granata. Ha un carattere estroverso Gigi, spesso fuori dagli
schemi, capace di unire genio e sregolatezza, in campo come nella vita
di tutti i giorni. Dribbling ubriacanti, l'uomo dell'ultimo passaggio
sul tappeto verde, in grado di far rinascere il suo amico Combin, dato
per finito dalla Juve e tornato al top tra le file granata a suon di
gol, propiziati dagli assist della Farfalla Granata.
Fuori dallo stadio semplicemente un personaggio
unico. Difficile descriverlo. Fuori da ogni schema. Meroni ascolta i
Beatles e la musica jazz, dipinge quadri legge libri e scrive poesie.
Convive nella "mansarda di Piazza Vittorio" insieme a Cristiana, la
"bella tra le belle" dei Luna Park della quale si innamorò follemente
tanto da presentarsi al matrimonio imposto dai genitori di lei per
cercare di fermare la cerimonia. Disegna i vestiti che indossa, sui
modelli di quelli dei Beatles, passeggia per Como portando al guinzaglio
una gallina, si traveste da giornalista e chiede alla gente cosa pensa
di Meroni e ride se la risposta è che non lo conoscono.
Controverso anche il suo rapporto con la maglia
azzurra. Convocato una prima volta in Nazionale dal ct Fabbri, rifiuta
la chiamata dal momento che il ct azzurro gli ordina di tagliarsi i
capelli. Gigi, per come era fatto, non avrebbe mai potuto rinunciare al
suo ego, neppure di fronte ad un'opportunità del genere, quella di
vestire la maglia azzurra. Accade così che la convocazione viene
rispedita al mittente. Alla fine però Meroni vestirà comunque l'azzurro,
nella sfortunata spedizione ai Mondiali del '66; per lui il bottino in
Nazionale è di sei presenze e due reti.
L'ultimo volo la Farfalla lo compie in occasione di
Torino-Sampdoria, terminata 4-2 per i granata. Alla sera, insieme
all'amico Poletti abbandona il ritiro e mentre si sta dirigendo verso
una gelateria, attraversando corso Re Umberto, sopraggiunge una
macchina, che lo urta violentemente. Alla guida del mezzo c'è un giovane
di diciannove anni, grande tifoso granata e ammiratore di Gigi, Attilio
Romero, che in futuro diventerà Presidente della società granata.
Inutile la corsa in ospedale, troppo gravi le fratture ed i traumi
riportati. Meroni si spegne la sera stessa, lasciando dietro di sè un
grande vuoto.
Ai funerali partecipano migliaia di persone per colui
che fu il giocatore più amato e nello stesso tempo odiato d'Italia. Nel
punto in cui fu investito i tifosi di Gigi ancora oggi portano fiori in
sua memoria.
La domenica successiva alla sua morte si gioca il
derby con la Juventus che il Torino vince per quattro reti a zero (cosa
che non è più successa). Tre gol sono messi a segno dal suo grande amico
Combin che scende in campo nonostante i 39 gradi di febbre. Il quarto
gol lo sigla un giovane ragazzo, Carelli. Sulle spalle porta un grande
peso, la maglia numero 7.
Pubblicato da: www.torinofc.it
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