giovedì 18 novembre 2010

NON E' SEMPRE UN "TESORO" SE LUCCICA...

COME DICE IL VECCHIO ADAGIO POPOLARE, NON SEMPRE LA STRADA NUOVA E' LA MIGLIORE....

Pro Patria, un conto corrente per salvare la società biancoblu

Si chiama “La Tigre nel Cuore” l'iniziativa firmata dal comune per salvare la Pro Patria. Un conto corrente aperto al Credito Valtellinese raccoglierà le offerte di tutti i tifosi che vorranno contribuire. Il loro contributo, anche minimo, potrà permettere alla società biancoblu di continuare a vivere. Il conto è intestato, per il momento, al sindaco Gigi Farioli e all’assessore Alberto Armiraglio: si tratta del primo passo di una più ampia operazione di salvataggio e rilancio, reso possibile da una forma virtuosa di collaborazione tra i vertici dell’Amministrazione comunale e delle società partecipate che non incide minimamente sui conti pubblici, anche grazie alla disponibilità di professionisti che già collaborano con il Comune e con le società (lo stesso Credito Valtellinese svolge il ruolo di tesoriere per l’Amministrazione).

Il sindaco conferma che c'è fibrillazione attorno alla società come mai in precedenza: "Sembra che gli imprenditori bustocchi hanno deciso di farsi sentire per salvare la nostra gloriosa Pro Patria - ha detto il sindaco -. Non escludo, dopo la costituzione di questo consorzio (la firma davanti al notaio è prevista per oggi alle 18, ndr), non si pensi addirittura ad un'iniziativa per acquisire la squadra con un obiettivo di un certo livello, la Serie B". Il sindaco freme e sembra che qualcosa si stia muovendo a livello imprenditoriale anche se è troppo presto per parlarne: "Non possiamo mettere a rischio un progetto così importante - continua Farioli -. Intanto sono già avviati i contatti con le forze imprenditoriali ed economiche interessate a partecipare al salvataggio della società".

Non è esclusa nemmeno una partecipazione dei tifosi a livello di azionariato, come proposto da un tifoso su Varesenews qualche giorno fa. Si anticipa infine che nella giornata di sabato 20 il sindaco Farioli incontrerà Savino Tesoro che, come già ampiamente annunciato nei giorni scorsi, non ha pagato i contributi per regolarizzare la posizione della società mettendo a rischio penalizzazione una società che è prima in classifica nel girone A del campionato di Seconda Divisione.


ARTICOLO TRATTO DA : www.tuttolegapro.com

venerdì 5 novembre 2010

Regione, due milioni alla Juve per il ritiro estivo in Piemonte



Obiettivo dell'assessore allo Sport e al Turismo Alberto Ciro: evitare che la società bianconera opti ancora per Pinzolo, nel Trentino, e promuovere il territorio. "Pronti a dare una mano anche al Toro"

di DIEGO LONGHIN

L'impegno economico? Circa due milioni di euro. A tanto ammonterebbe lo sforzo in quattrini che la Regione si dovrebbe accollare, non da sola, per "sponsorizzare" e soprattutto convincere la Juventus e riportare dentro i confini del Piemonte il ritiro estivo del club guidato da Andrea Agnelli.

E la trattativa è entrata nel vivo, anche perché l'obiettivo dell'assessore allo Sport, Turismo e Istruzione, Alberto Cirio, è di evitare che la società bianconera opti ancora per Pinzolo, nel Trentino che non ha intenzione di mollare ad altri la presenza bianconera (in lizza c'è pure Sestriere). "La Juventus è un marchio importante - sottolinea Cirio - pensiamo ad una collaborazione su più livelli, a cominciare dai ritiri estivi, sia quello grande da 20 giorni sia quello piccolo da 5, in due località differenti e con ricadute turistiche importanti. E poi l'apertura al pubblico del nuovo stadio Juve dovrà essere visitabile come i grandi impianti europei: favorirà la promozione del Piemonte in occasione delle partite che si giocheranno all'estero". Cirio ha dato mandato a Finpiemonte di fare uno studio sulle ricadute economiche e turistiche del ritiro del club bianconero nel Trentino. Ma l'osservatorio provinciale del turismo del Turismo ha calcolato in 4,2 milioni il giro di affari prodotto nel solo 2009.

L'impegno economico è di quelli rilevanti, soprattutto in un periodo di vacche magre e di tagli. E Cirio ha iniziato a battere cassa. Alla fine la Regione potrebbe dare tra un milione e un milione e mezzo, il resto dovrebbe essere a carico delle Atl, dei Comuni coinvolti nell'operazione e, perché no, di Unioncamere Piemonte, l'associazione delle Camere di Commercio della regione guidata da Ferruccio Dardanello. E l'assessore Cirio ha chiesto proprio a Dardanello, cuneese, se l'ente può sostenere una parte della spesa per riportare il ritiro bianconero a casa. La risposta non è stata delle più promettenti: "Il progetto è stato considerato interessante, ma tutti devono fare i conti con i bilanci magri", spiega Cirio.

Ma l'assessore, fede calcistica a parte, non vuole lasciar perdere nemmeno il Torino Calcio e sta esaminando la pratica Filadelfia. Lo scopo sarebbe quello di partecipare nella Fondazione con una quota pari a quella del Comune di Torino, circa 3 milioni e mezzo, e accompagnare al ricostruzione del luogo simbolo del popolo granata. "Cosa si può fare? Ricostruire lo stadio oppure creare un monumento alla memoria? La giunta Cota - dice Cirio - al contrario di quello che è successo nei cinque anni precedenti vuole ricostruire un rapporto con le storiche società di calcio del Piemonte. Il presidente ha già parlato della questione con il sindaco Chiamparino".
Non è la prima volta che la Regione pensa e fa operazioni di questo tipo. Già nell'era Enzo Ghigo si era raggiunto un accordo con la campionessa di sci Stefania Belmondo, ma in un periodo di tagli indiscriminati, a partire dai quattrini necessari per pagare le borse di studio, è opportuno impegnare soldi in questi capitoli. "Ogni euro investito dovrà avere un ritorno certo in ambito turistico - sottolinea Cirio - altrimenti non proseguiremo con il progetto. E poi si tratta di un piano pluriennale, di ampio respiro".

Tratto da Repubblica (04 novembre 2010)

lunedì 1 novembre 2010

Un po' di storia recente...




Alla luce delle recenti prese di posizione da parte di una parte della tifoseria, si presenta l'occasione per ragionare tutti insieme basandosi primariamente su fatti inopinabili:


In pillole…

Risultato stagionale peggiore: 12° in B, 2003/04, Cimminelli – Romero
Stagione più degradante: 18° in A (ultimo posto), 2002/03, Cimminelli – Romero
Miglior media spettatori: 24.995 in B, 2005/06, Cairo
Peggior media spettatori: 9.831 in B, 2003/04, Cimminelli – Romero
Stagioni tranquille per la tifoseria: 4 (25%)
Stagioni turbolente per la tifoseria: 12 (75%)
Stagione con più avvicendamenti in panchina: 5, 2002/03, Cimminelli – Romero
Percentuale di campionati in A: 60% Cairo, 50% Calleri, 50% Vidulich, 50% Cimminelli – Romero

Riepilogando…
Preoccupa senza dubbio il dato concernente la tifoseria: tre quarti delle stagioni sono state passate tra malumori, contestazioni o sciagurate azioni violente. Certamente la piazza di Torino si dimostra estremamente esigente ed ingerente; non manca quindi di manifestare la propria insofferenza alla prima occasione possibile, né di tentare di dettar legge persino agli stessi proprietari legali.
Altro punto da tener presente è l’andamento stagionale a seguito di un avvicendamento societario: con l’insediamento di Vidulich e soci la prima stagione è stata conclusa al 4° posto, promozione mancata soltanto ai play off; quello di Cimminelli e Romero ha portato alla vittoria del campionato di B; arrivando a Cairo, sulle ali dell’entusiasmo il Toro ha conquistato la promozione ai danni del Mantova. La riflessione è duplice: da un lato è innegabile che una ventata di aria fresca e l’entusiasmo del primo anno di gestione possano condizionare favorevolmente la squadra; dall’altro le migliori stagioni sono però giunte in un clima pacifico con la tifoseria placata dal cambio al vertice e quindi non più sul piede di guerra.
A voi le altre riflessioni…

Di chi è il Toro?

Il dubbio si insinua, perché la domanda in realtà non è retorica nonostante per molti la risposta sia scontata. Evidente forse, uguale per tutti certamente no.
Il Toro è una società sportiva, quindi il suo possesso è di chi investe in essa del denaro o è di chi sopravviverà per sempre come memoria storica e linfa vitale? E’ del presidente di turno o della tifoseria granata?
La risposta più semplice e pragmatica è una soltanto: una società privata è ufficialmente intestata al suo presidente che, salvo titoli onorari di facciata, è anche colui che guadagna o perde denaro a seconda della sua competenza gestionale. Il Torino Fc è dunque di Urbano Cairo.
La seconda possibilità è certamente più romantica, ma al contempo tortuosa da argomentare. Una società sportiva che voglia esistere a dispetto dei risultati e delle successioni presidenziali ha a disposizione una sola costante: la tifoseria. Passano i proprietari, scorrono gli album di figurine, sulla panchina si siede un allenatore dopo l’altro, ma i colori sono sempre gli stessi e a sventolarli ci pensano per decine e decine di anni i medesimi volti; scomparsi quelli a rimpiazzarli sono spesso i familiari, gli amici di tutta una vita, i fratelli di tifo…
Dovendo preoccuparsi di non azzardare risposte decontestualizzate dall’economia contemporanea, tanto la prima quanto la seconda possibilità risulterebbero parziali. Nel calcio dei contratti faraonici e delle ingenti spese gestionali è realmente difficile chiudere tutte le stagioni in attivo, quindi qualche facoltoso imprenditore che di tasca propria rimpinguerà le casse societarie ci vorrà sempre. Tra i contratti faraonici non si devono considerare solo quelli generosamente elargiti ai giocatori, ma anche quelli legati alla produzione multimediale: in base a cosa si spartiscono i ricavi di radio e televisioni? Tra gli altri fattori anche in base al bacino di utenza ed al numero di tifosi acclarati. Quindi più tifosi ci sono e più potenziali soldi ha a disposizione una società sportiva.
Il circolo vizioso si spezzerebbe con l’azionariato popolare, la qual pratica è tuttavia sostanzialmente sconosciuta in Italia; premettendo che la sua effettiva stabilità non è ancora stata testata a sud delle Alpi, si consideri che il nostro è un paese in cui il potere politico si lega molto più facilmente ai singoli individui, dunque i dubbi circa l’efficienza dell’azionariato restano. La realtà, piaccia o meno, è comunque che attualmente il Toro non è gestito con questo sistema, sicchè la domanda “di chi è il Toro” continua a porsi in essere.
Razionalmente si ha l’impressione che in caso di realtà medio-grandi, qual è potenzialmente la piazza granata, la scelta più comoda possa ricadere in una diplomatica via di mezzo tra presidente proprietario e tifoseria. In Italia nemmeno Moratti, sicuramente l’unico vero magnate benefattore del calcio, potrebbe rinunciare a cuor leggero alle decine e decine di milioni legate a diritti tv e merchandising. In assenza di un vero nababbo in grado di considerare inezie 40 o 50 milioni di euro, qualunque proprietario avrà sempre bisogno di un background solido che possa consentire entrate costanti in grado di ammortizzare i suoi esborsi personali.
Dunque, si configura una realtà di interdipendenza tra le parti il cui obiettivo primario dovrebbe essere unico per entrambe. Giunti a questo punto gli schieramenti proliferano.
Chi ci garantisce che il presidente non sia un profittatore a caccia di popolarità e soldi facili? A maggior ragione riferendosi ad Urbano Cairo il dubbio potrebbe essere giustificabile: preso il Toro a poche migliaia di euro, avrebbe potuto speculare tranquillamente. D’altro canto, ribatte lo schieramento contrapposto, gli investimenti fatti in questi anni sono sotto gli occhi di tutti: non si può oggettivamente far finta di non notare gli acquisti relativamente onerosi e, soprattutto, i contratti troppo remunerativi a giocatori che hanno successivamente deluso a livello umano e sportivo.
Sul tema: chi ci garantisce, ad ogni buon conto, che la tifoseria organizzata non abbia interessi economici nel prediligere questo o quel presidente? Come si può dar credito alle parole di chi afferma orgogliosamente “meglio falliti piuttosto che con tizio”? Per contro, la replica è semplice: fino ad ora abbiamo assistito a contestazioni nei confronti di tutti gli ultimi cinque presidenti, quindi la garanzia che non ci siano interessi dietro se non il bene della squadra è presto dimostrata.
Una domanda sorge a questo punto spontanea: chi ci garantisce, alla fine della fiera, che società e tifosi stiano realmente facendo il possibile per il bene della squadra? Non volendo schierarsi né con l’una, né con l’altra parte, si direbbe che la lotta si sta spostando su un piano prettamente personale: da un lato un imprenditore molto orgoglioso che non accetta né la sconfitta né soggiace alle minacce, dall’altro una fazione che identifica con il demonio l’uomo che, primo in quasi vent’anni, non è scappato a gambe levate non appena il malumore è sfociato in contestazioni esplicite e violente. Da un lato una persona troppo impegnata a difendersi dalle stoccate, dall’altro un gruppo morbosamente attirato dagli affondi. In mezzo, come uno scudo ormai logoro dalle mille e più percosse, il povero torello ormai esangue.
In un momento così delicato, alla faccia della logica più ferrea o della burocrazia più minuziosa, il Toro potrebbe essere semplicemente del primo che si preoccuperà realmente di proporsi positivamente in nome di una seppur minima riscossa.
Concludendo, sul piano legale il Torino Fc ha indubbiamente un unico e riconoscibile proprietario, il quale potrebbe usare la società alla stregue di un giocattolino senza per questo essere perseguibile per legge. Non essendo uno sceicco che pranza a pane ed oro, non essendo un grande conoscitore di calcio, non ci resta che una speranza: impari il più in fretta possibile a destreggiarsi in questa gabbia di matti. Sperperare soldi non è la soluzione e lo abbiamo capito tutti, ma nemmeno lesinare sulle migliaia di euro ci porterà molto lontani.
Sul piano romantico, ma ancor più su quello della memoria storica, il Toro è stato, è e sempre sarà rappresentato in prima istanza dalla sua tifoseria. Ad essa il compito di promuoverne le qualità più naturali; ad essa il compito di proteggerne, a dispetto dei risultati, il blasone e l’onore. Possiamo anche perdere sul campo, ma fuori dovremmo sempre dar l’idea di essere inimitabili. A ben pensarci, studiando un po’ la storia recente del Torino, come un’epifania si è rivelata una realtà piuttosto scioccante: stiamo contestando praticamente da vent’anni. A parere di chi scrive, non è certo in tal modo che si avanzano i diritti di proprietà…