sabato 25 dicembre 2010

Muoiono di freddo - CronacaQui lancia un appello: dona un sacco a pelo ai clochard

L'idea ci è venuta in mente di fronte all'insensatezza di quella morte: Sergio Manunza, 54 anni, sardo di nascita e torinese di adozione. Ucciso dal freddo polare nella prima notte della settimana che ci accompagna al Natale, con il buio rischiarato dalle luminarie, dallo sfavillio delle vetrine e delle griffe. E allora, perché non fare qualcosa in prima persona? Perché non lanciare un appello in difesa della vita alle istituzioni, ai lettori, ai cittadini? «CronacaQui - abbiamo scritto nel comunicato poi diramato dalle principali agenzia di stampa nazionali - sta donando a Torino e Milano centinaia di sacchi a pelo ai clochard a rischio per il freddo mortale. Il giornale fa appello ai sindaci Chiamparino e Moratti e ai presidenti Cota, Formigoni, Podestà e Saitta affinché facciano anch'essi la loro parte. E fa appello agli altri quotidiani, alle radio, alle Tv, ai cittadini ai propri lettori: regalate un sacco a pelo a chi vedete dormire per strada. Con pochi euro potete salvare una vita».

Un appello che non è caduto nel vuoto. Il sindaco Sergio Chiamparino ha anche chiesto come fare a partecipare in prima persona all'iniziativa: «Datemi gli estremi per la donazione, sono pronto a fare la mia parte». «Da sindaco, invece, dico che le strutture per l'accoglienza ci sono, peccato che abbiano dei tassi di presenza del 35 per cento. In troppi guardano ancora con diffidenza i dormitori pubblici». E non appena ha avuto notizia del nostro appello per la vita, il presidente della Regione Roberto Cota ha immediatamente dato ordine ai propri uffici di attivarsi per sostenere in ogni modo i senzatetto: «Alla meritoria iniziativa di CronacaQui non può non andare il mio plauso ed incoraggiamento - ha commentato il Governatore -. Sono orgoglioso come piemontese che Torino possa contare su un quotidiano genuino e sempre in presa diretta con la quotidianità vera dei nostri cittadini, oltre che capace di grandi momenti di solidarietà come questa campagna. Già da oggi darò disposizione a tutti gli uffici regionali competenti di offrire un concreto supporto all'iniziativa. Anche la Regione farà la sua parte e non si tirera' indietro». Sulla stessa lunghezza d'onda è anche il presidente della Provincia Antonio Saitta: «L'iniziativa di Cronaca Qui è meritevole per la sensibilità e la tempestività che anche in questo caso contraddistingue la testata. La Provincia di Torino è disponibile a collaborare per quanto possibile: il freddo di questi giorni così pungente potrebbe anche delineare un intervento di protezione civile nei confronti dei clochard e se la Regione Piemonte deciderà di intervenire faremo come sempre la nostra parte».

Intanto, ieri sera è iniziata la distribuzione dei primi sacchi a pelo, prima tra gli uomini e le donne in coda per un pasto caldo alla mensa degli Asili Notturni Umberto I di via Ormea e poi tra i diseredati che ogni sera si raccolgono sotto i portici di Porta Nuova. Tante storie e un'unica parola: «Grazie di cuore, fossero tutti come voi».

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO A TUTTI...GRANATA E NON

Un augurio per un felice Natale a tutti i tifosi granata e non solo...

Con la speranza che questa festa del Signore aiuti tutti noi a stare vicini alle nostre famiglie, a chi ha bisogno e che l'anno nuovo sia prospero calcisticamente per il nostro amato TORO e un anno ricco di amore e speranza per TUTTI....


AUGURI DI SINCERO CUORE



LO STAFF DI CULTURA GRANATA

giovedì 2 dicembre 2010

TC Giuristi Granata, Lettera al Presidente Cairo

Nel giorno del 104esimo compleanno del Torino L'Avvocato Massimiliano ROMITI scrive questa lettera indirizzata a Cairo

Signor Presidente,


la cosa che dovrebbe stupirla è il gran numero di destinatari cui questa lettera è inviata per conoscenza (saranno tutti o quasi, in tempi brevi, raggiunti via e-mail o altrimenti): Le garantisco che avrebbero potuto essere facilmente molti e molti di più...è per darle un'idea approssimativa del numero di persone, di ogni genere, alle quali interessa il Toro: un vero “popolo”.
Sono passati quasi 6 anni da che Lei ha preso la presidenza del Torino, sono passati quasi 4 anni da che, insieme ad alcuni amici giuristi uniti dalla passione per il Toro, ho fondato il club dei Giuristi Granata, ultimo arrivato di altre realtà ben più numerose e rappresentative.
Da fondatore di un club la mia prima preoccupazione è stata quella di cercare di introdurmi un po' di più nel mondo granata; un mondo che avevo frequentato sin da bambino allo stadio senza però mai preoccuparmi di conoscere le personalità che si muovono attivamente attorno a quella che è una passione assolutamente fuori dal comune.
Bene. Ho incontrato tante persone veramente eccezionali, possedute da una dedizione che farebbe invidia alle più grandi ONLUS presenti sul territorio nazionale.
Se ne è accorto Presidente?
Tante persone (e ce ne sono moltissime altre rispetto a quelle che sopra menziono) aspettano solo di trovare qualcuno che le indirizzi verso un obiettivo comune che tutti hanno a cuore: il bene del Torino e la prosecuzione di una tradizione popolare e sportiva che non ha probabilmente paragone in Italia sul piano affettivo e passionale.
Lei sino ad oggi non si è occupato di ciò a parte, forse, nel breve spazio della giornata del centenario e della marcia da piazza Solferino al Filadelfia (dove ho una bella foto che mi ritrae con Lei e mia figlia).
E le conseguenze purtroppo si vedono: una parte della tifoseria non sentendosi mai considerata adesso si ribella, a volte anche con inaccettabile violenza.
Il malumore però non è solo di ultras non corteggiati o magari non foraggiati come un tempo ma ormai aleggia anche in componenti meno estreme.
Perchè? Provo a darLe una risposta. Sino ad oggi Lei ha soprattutto pensato all'aspetto tecnico dell'allestimento della squadra (con
risultati purtroppo altalenanti sotto gli occhi di tutti) ma il Torino non è solo una squadra di calcio: è la storia di una città e di tanti suoi abitanti che si incarnava e si incarna in luoghi e persone; e questa storia, in passato, a volte, ha prodotto il miracolo di trasferirsi, magicamente, nei giocatori granata, giovani o maturi che fossero.
Qualcuno Le avrà raccontato di un vivaio che fino all'era del Suo collega Calleri era il bacino dal quale la serie A attingeva il maggior numero dei suoi giocatori.
Quando ero ragazzo mi recavo nella sede di C.so Vittorio Emanuele,77 e lì c'era il cuore della società. Ma nello stesso palazzo vi era anche il circolo dei soci, ossia un bel luogo di aggregazione tra i “notabili” granata.
c.a. Presidente Renzo Zambito
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Poi potevi uscire e andavi allo Stadio Filadelfia dove la squadra si allenava e “respirava” forza e storia: l'assorbiva praticamente per osmosi ed a noi tifosi accadeva ed accade ancora oggi la stessa cosa. Io non ho mai visto giocare il Grande Torino su quel prato, eppure, ogni volta che ci vado, mi emoziono.
Fuoriclasse stranieri che erano stati al Real Madrid ed al Flamengo come Martin Vazquez e Junior confermano di avere provato tra quelle mura sensazioni positive indimenticabili.
Lei Presidente, in quella micidiale estate del 2005 ha raccolto un Toro vuoto, rimasto un puro nome. Sopravviveva solo il marchio (neppure l'originale ovviamente, dato il fallimento) e la gente. La gente granata, me compreso, Le ha tributato un grandissimo affetto: Lei ha salvato il Toro. Ma sono passati 5 anni e niente di quello che era del Toro è stato ricostruito.
Il Toro, a parte i contratti con i dipendenti, dai calciatori alle segretarie, non ha ancora nulla di veramente suo (una sede, un campo, un pullman...) e forse anche la stessa struttura dirigenziale è ancora troppo leggera. Tutte le strutture amministrative dovrebbero essere riportate all’interno della società, a Torino, sgravando il direttore sportivo da qualsiasi incombenza gestionale per dedicarsi interamente al settore di competenza.
Un ultimo appunto Le rivolgo circa il rapporto con i tifosi.
I tifosi del Torino se la prendono più di altri..., i tifosi del Torino sentono la squadra come un pezzo del loro cuore....
Soprattutto in una città come Torino, essere del Toro ha sempre voluto dire essere qualcosa di diverso da altro. E quel che è più interessante è che questo essere diverso era, in verità, un modo di essere più vero, radicato e antico di quello tinto a strisce; quindi, da sempre, sul territorio piemontese la nostra realtà ha affascinato un numero di persone più elevato di quell'altra realtà, sostenuta più che altro da una famiglia ricca di potere e denaro. E non c'erano scudetti e coppe che tenessero.
E grazie alla leggenda del Grande Torino ed al fascino della maglia granata, che un tempo ha girato il mondo, il Toro ha un certo seguito e gode di diffusa simpatia anche in luoghi lontani dalla sua città, come testimoniano ad esempio i numerosi club non piemontesi.
Il pubblico del Toro è così, il Suo pubblico, Signor Presidente, è così.
Non lo affascinerà mai troppo con effetti speciali televisivi o telematici, riuscirà però a facilmente a coinvolgerlo, anche e soprattutto, ricostruendo tutto ciò che ha fatto grande il Toro: i suoi luoghi, la sede ed il Filadelfia, da sempre spazi aperti di partecipazione, nonchè la sua brillante scuola calcio che traeva energia dai medesimi luoghi.
Solo da ciò potranno ripartire, ne sono certo, immancabilmente, risultati sportivi stabili come il Toro merita di avere. Bisogna neutralizzare il progressivo smantellamento degli ultimi 20 anni e ricominciare a costruire...tutti insieme, per il Toro.
Oltretutto le possibilità odierne potrebbero ben consentire alla società di trarre da un pubblico come quello granata anche buona parte delle risorse necessarie al sostentamento di un dignitoso programma sportivo.
Una parte della tifoseria si rivolge a Lei al grido di “Nero e Oro finchè non vendi il Toro” io invece preferisco rivolgerLe un appello: riconquisti il Toro ed i suoi tifosi come un Presidente del Toro deve saper fare...se solo lo vuole.
Tutti avremmo solo da guadagnarci.
Peraltro chiunque altro venisse al Suo posto dovrebbe utilizzare la stessa ricetta per cavare fuori qualche cosa di buono, stabile ed anche redditizio dal Toro.
Per cui, quella che indico con questa lettera è una via buona per tutti i Presidenti. Ma cerchi di capirlo Lei ora, Presidente, La prego! Ci chiami: provi a coinvolgerci e ne verifichi i risultati. Quelli cui indirizzo la presente per conoscenza sono nomi di noti granata ovvero semplicemente i
soggetti che meglio ho conosciuto in questi anni ed ho visto con i miei occhi attivi di passione, oppure persone segnalatemi da amici tifosi: alcuni oggi le sono ostili ma rappresentano comunque un vivo pezzo di popolo granata che non si può schienare.
Unisca questo popolo sui progetti!
Le nebbie delle ipoteche sul Filadelfia si sono diradate...il quartiere Granata è pronto da realizzare a far da contraltare all’altro, così immerso nelle nebbie e vicino alle carceri cittadine. Tanto per cambiare, ma è giusto così, al Toro è offerta l'occasione di continuare a rappresentare veramente la città, facendo propria una zona infinitamente più significativa dal punto di vista storico per Torino rispetto a quella che ha deciso di occupare l'altra squadra.
La prenda Presidente, per sé ma soprattutto per il Toro!
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Ci faccia fare, un giorno, quella passeggiata che tutti noi tifosi granata sogniamo, da un Filadelfia ricostruito ad uno Stadio Olimpico “Grande Torino”, tutti insieme la Domenica, per andare a vedere i nostri ragazzi competere magari finalmente su palcoscenici sportivi più consoni al blasone della società.
Non commetta però l'errore di considerare questo popolo granata un “disturbo” a Lei conducente. Non lo è. Ne faccia la sua principale risorsa, perchè è la principale risorsa del Toro! Se Le interessa lavorare a questa idea mi chiami, ci chiami.
Molti sono sicuro risponderanno: presente! Altrimenti, se una sfida così Le sembra troppo grande, ci lasci a qualcuno che possa affrontarla... Mi scuso infine con tutti gli altri numerosi tifosi granata e gli altri club cui avrei dovuto direttamente
indirizzare la presente per conoscenza: ma se questa lettera sarà, come mi auguro, l'inizio di un cammino, finalmente comune, con Lei o con chiunque altro eventualmente Le succederà, li recupereremo tutti lungo la strada.
Si sarà anche accorto che mi sono permesso di disturbare, inviando loro la presente, anche molti tifosi “noti” a livello nazionale o regionale, in quanto sinceramente penso che anche loro potrebbero essere una preziosa risorsa per il rilancio del nostro amato Club.
Vede, il segreto è tutto qui, il Toro deve tornare ad essere un Club, come un tempo lo è mirabilmente stato; perchè noi granata siamo tra i pochi tifosi, se non gli unici, almeno in Italia, che concepiamo la squadra del cuore come un Club, ossia come qualcosa di cui noi ci sentiamo veramente e vorremmo sentirci, parte viva.
La saluto cordialmente e confido quindi in una Sua sollecita convocazione degli “stati generali granata”, felice espressione recentemente usata in una lettera sul sito di Toro Mio dall'amico Andrea Morè.
TORO!


Concludo infine gridando a tutti coloro che leggeranno questa lettera: FATEVI VIVI E FORZA
Il Presidente dei Giuristi Granata Toro Club Marco Filippi Avv. Massimiliano ROMITI


ARTICOLO TRATTO DAL SITO: www.torinogranata.it

giovedì 18 novembre 2010

NON E' SEMPRE UN "TESORO" SE LUCCICA...

COME DICE IL VECCHIO ADAGIO POPOLARE, NON SEMPRE LA STRADA NUOVA E' LA MIGLIORE....

Pro Patria, un conto corrente per salvare la società biancoblu

Si chiama “La Tigre nel Cuore” l'iniziativa firmata dal comune per salvare la Pro Patria. Un conto corrente aperto al Credito Valtellinese raccoglierà le offerte di tutti i tifosi che vorranno contribuire. Il loro contributo, anche minimo, potrà permettere alla società biancoblu di continuare a vivere. Il conto è intestato, per il momento, al sindaco Gigi Farioli e all’assessore Alberto Armiraglio: si tratta del primo passo di una più ampia operazione di salvataggio e rilancio, reso possibile da una forma virtuosa di collaborazione tra i vertici dell’Amministrazione comunale e delle società partecipate che non incide minimamente sui conti pubblici, anche grazie alla disponibilità di professionisti che già collaborano con il Comune e con le società (lo stesso Credito Valtellinese svolge il ruolo di tesoriere per l’Amministrazione).

Il sindaco conferma che c'è fibrillazione attorno alla società come mai in precedenza: "Sembra che gli imprenditori bustocchi hanno deciso di farsi sentire per salvare la nostra gloriosa Pro Patria - ha detto il sindaco -. Non escludo, dopo la costituzione di questo consorzio (la firma davanti al notaio è prevista per oggi alle 18, ndr), non si pensi addirittura ad un'iniziativa per acquisire la squadra con un obiettivo di un certo livello, la Serie B". Il sindaco freme e sembra che qualcosa si stia muovendo a livello imprenditoriale anche se è troppo presto per parlarne: "Non possiamo mettere a rischio un progetto così importante - continua Farioli -. Intanto sono già avviati i contatti con le forze imprenditoriali ed economiche interessate a partecipare al salvataggio della società".

Non è esclusa nemmeno una partecipazione dei tifosi a livello di azionariato, come proposto da un tifoso su Varesenews qualche giorno fa. Si anticipa infine che nella giornata di sabato 20 il sindaco Farioli incontrerà Savino Tesoro che, come già ampiamente annunciato nei giorni scorsi, non ha pagato i contributi per regolarizzare la posizione della società mettendo a rischio penalizzazione una società che è prima in classifica nel girone A del campionato di Seconda Divisione.


ARTICOLO TRATTO DA : www.tuttolegapro.com

venerdì 5 novembre 2010

Regione, due milioni alla Juve per il ritiro estivo in Piemonte



Obiettivo dell'assessore allo Sport e al Turismo Alberto Ciro: evitare che la società bianconera opti ancora per Pinzolo, nel Trentino, e promuovere il territorio. "Pronti a dare una mano anche al Toro"

di DIEGO LONGHIN

L'impegno economico? Circa due milioni di euro. A tanto ammonterebbe lo sforzo in quattrini che la Regione si dovrebbe accollare, non da sola, per "sponsorizzare" e soprattutto convincere la Juventus e riportare dentro i confini del Piemonte il ritiro estivo del club guidato da Andrea Agnelli.

E la trattativa è entrata nel vivo, anche perché l'obiettivo dell'assessore allo Sport, Turismo e Istruzione, Alberto Cirio, è di evitare che la società bianconera opti ancora per Pinzolo, nel Trentino che non ha intenzione di mollare ad altri la presenza bianconera (in lizza c'è pure Sestriere). "La Juventus è un marchio importante - sottolinea Cirio - pensiamo ad una collaborazione su più livelli, a cominciare dai ritiri estivi, sia quello grande da 20 giorni sia quello piccolo da 5, in due località differenti e con ricadute turistiche importanti. E poi l'apertura al pubblico del nuovo stadio Juve dovrà essere visitabile come i grandi impianti europei: favorirà la promozione del Piemonte in occasione delle partite che si giocheranno all'estero". Cirio ha dato mandato a Finpiemonte di fare uno studio sulle ricadute economiche e turistiche del ritiro del club bianconero nel Trentino. Ma l'osservatorio provinciale del turismo del Turismo ha calcolato in 4,2 milioni il giro di affari prodotto nel solo 2009.

L'impegno economico è di quelli rilevanti, soprattutto in un periodo di vacche magre e di tagli. E Cirio ha iniziato a battere cassa. Alla fine la Regione potrebbe dare tra un milione e un milione e mezzo, il resto dovrebbe essere a carico delle Atl, dei Comuni coinvolti nell'operazione e, perché no, di Unioncamere Piemonte, l'associazione delle Camere di Commercio della regione guidata da Ferruccio Dardanello. E l'assessore Cirio ha chiesto proprio a Dardanello, cuneese, se l'ente può sostenere una parte della spesa per riportare il ritiro bianconero a casa. La risposta non è stata delle più promettenti: "Il progetto è stato considerato interessante, ma tutti devono fare i conti con i bilanci magri", spiega Cirio.

Ma l'assessore, fede calcistica a parte, non vuole lasciar perdere nemmeno il Torino Calcio e sta esaminando la pratica Filadelfia. Lo scopo sarebbe quello di partecipare nella Fondazione con una quota pari a quella del Comune di Torino, circa 3 milioni e mezzo, e accompagnare al ricostruzione del luogo simbolo del popolo granata. "Cosa si può fare? Ricostruire lo stadio oppure creare un monumento alla memoria? La giunta Cota - dice Cirio - al contrario di quello che è successo nei cinque anni precedenti vuole ricostruire un rapporto con le storiche società di calcio del Piemonte. Il presidente ha già parlato della questione con il sindaco Chiamparino".
Non è la prima volta che la Regione pensa e fa operazioni di questo tipo. Già nell'era Enzo Ghigo si era raggiunto un accordo con la campionessa di sci Stefania Belmondo, ma in un periodo di tagli indiscriminati, a partire dai quattrini necessari per pagare le borse di studio, è opportuno impegnare soldi in questi capitoli. "Ogni euro investito dovrà avere un ritorno certo in ambito turistico - sottolinea Cirio - altrimenti non proseguiremo con il progetto. E poi si tratta di un piano pluriennale, di ampio respiro".

Tratto da Repubblica (04 novembre 2010)

lunedì 1 novembre 2010

Un po' di storia recente...




Alla luce delle recenti prese di posizione da parte di una parte della tifoseria, si presenta l'occasione per ragionare tutti insieme basandosi primariamente su fatti inopinabili:


In pillole…

Risultato stagionale peggiore: 12° in B, 2003/04, Cimminelli – Romero
Stagione più degradante: 18° in A (ultimo posto), 2002/03, Cimminelli – Romero
Miglior media spettatori: 24.995 in B, 2005/06, Cairo
Peggior media spettatori: 9.831 in B, 2003/04, Cimminelli – Romero
Stagioni tranquille per la tifoseria: 4 (25%)
Stagioni turbolente per la tifoseria: 12 (75%)
Stagione con più avvicendamenti in panchina: 5, 2002/03, Cimminelli – Romero
Percentuale di campionati in A: 60% Cairo, 50% Calleri, 50% Vidulich, 50% Cimminelli – Romero

Riepilogando…
Preoccupa senza dubbio il dato concernente la tifoseria: tre quarti delle stagioni sono state passate tra malumori, contestazioni o sciagurate azioni violente. Certamente la piazza di Torino si dimostra estremamente esigente ed ingerente; non manca quindi di manifestare la propria insofferenza alla prima occasione possibile, né di tentare di dettar legge persino agli stessi proprietari legali.
Altro punto da tener presente è l’andamento stagionale a seguito di un avvicendamento societario: con l’insediamento di Vidulich e soci la prima stagione è stata conclusa al 4° posto, promozione mancata soltanto ai play off; quello di Cimminelli e Romero ha portato alla vittoria del campionato di B; arrivando a Cairo, sulle ali dell’entusiasmo il Toro ha conquistato la promozione ai danni del Mantova. La riflessione è duplice: da un lato è innegabile che una ventata di aria fresca e l’entusiasmo del primo anno di gestione possano condizionare favorevolmente la squadra; dall’altro le migliori stagioni sono però giunte in un clima pacifico con la tifoseria placata dal cambio al vertice e quindi non più sul piede di guerra.
A voi le altre riflessioni…

Di chi è il Toro?

Il dubbio si insinua, perché la domanda in realtà non è retorica nonostante per molti la risposta sia scontata. Evidente forse, uguale per tutti certamente no.
Il Toro è una società sportiva, quindi il suo possesso è di chi investe in essa del denaro o è di chi sopravviverà per sempre come memoria storica e linfa vitale? E’ del presidente di turno o della tifoseria granata?
La risposta più semplice e pragmatica è una soltanto: una società privata è ufficialmente intestata al suo presidente che, salvo titoli onorari di facciata, è anche colui che guadagna o perde denaro a seconda della sua competenza gestionale. Il Torino Fc è dunque di Urbano Cairo.
La seconda possibilità è certamente più romantica, ma al contempo tortuosa da argomentare. Una società sportiva che voglia esistere a dispetto dei risultati e delle successioni presidenziali ha a disposizione una sola costante: la tifoseria. Passano i proprietari, scorrono gli album di figurine, sulla panchina si siede un allenatore dopo l’altro, ma i colori sono sempre gli stessi e a sventolarli ci pensano per decine e decine di anni i medesimi volti; scomparsi quelli a rimpiazzarli sono spesso i familiari, gli amici di tutta una vita, i fratelli di tifo…
Dovendo preoccuparsi di non azzardare risposte decontestualizzate dall’economia contemporanea, tanto la prima quanto la seconda possibilità risulterebbero parziali. Nel calcio dei contratti faraonici e delle ingenti spese gestionali è realmente difficile chiudere tutte le stagioni in attivo, quindi qualche facoltoso imprenditore che di tasca propria rimpinguerà le casse societarie ci vorrà sempre. Tra i contratti faraonici non si devono considerare solo quelli generosamente elargiti ai giocatori, ma anche quelli legati alla produzione multimediale: in base a cosa si spartiscono i ricavi di radio e televisioni? Tra gli altri fattori anche in base al bacino di utenza ed al numero di tifosi acclarati. Quindi più tifosi ci sono e più potenziali soldi ha a disposizione una società sportiva.
Il circolo vizioso si spezzerebbe con l’azionariato popolare, la qual pratica è tuttavia sostanzialmente sconosciuta in Italia; premettendo che la sua effettiva stabilità non è ancora stata testata a sud delle Alpi, si consideri che il nostro è un paese in cui il potere politico si lega molto più facilmente ai singoli individui, dunque i dubbi circa l’efficienza dell’azionariato restano. La realtà, piaccia o meno, è comunque che attualmente il Toro non è gestito con questo sistema, sicchè la domanda “di chi è il Toro” continua a porsi in essere.
Razionalmente si ha l’impressione che in caso di realtà medio-grandi, qual è potenzialmente la piazza granata, la scelta più comoda possa ricadere in una diplomatica via di mezzo tra presidente proprietario e tifoseria. In Italia nemmeno Moratti, sicuramente l’unico vero magnate benefattore del calcio, potrebbe rinunciare a cuor leggero alle decine e decine di milioni legate a diritti tv e merchandising. In assenza di un vero nababbo in grado di considerare inezie 40 o 50 milioni di euro, qualunque proprietario avrà sempre bisogno di un background solido che possa consentire entrate costanti in grado di ammortizzare i suoi esborsi personali.
Dunque, si configura una realtà di interdipendenza tra le parti il cui obiettivo primario dovrebbe essere unico per entrambe. Giunti a questo punto gli schieramenti proliferano.
Chi ci garantisce che il presidente non sia un profittatore a caccia di popolarità e soldi facili? A maggior ragione riferendosi ad Urbano Cairo il dubbio potrebbe essere giustificabile: preso il Toro a poche migliaia di euro, avrebbe potuto speculare tranquillamente. D’altro canto, ribatte lo schieramento contrapposto, gli investimenti fatti in questi anni sono sotto gli occhi di tutti: non si può oggettivamente far finta di non notare gli acquisti relativamente onerosi e, soprattutto, i contratti troppo remunerativi a giocatori che hanno successivamente deluso a livello umano e sportivo.
Sul tema: chi ci garantisce, ad ogni buon conto, che la tifoseria organizzata non abbia interessi economici nel prediligere questo o quel presidente? Come si può dar credito alle parole di chi afferma orgogliosamente “meglio falliti piuttosto che con tizio”? Per contro, la replica è semplice: fino ad ora abbiamo assistito a contestazioni nei confronti di tutti gli ultimi cinque presidenti, quindi la garanzia che non ci siano interessi dietro se non il bene della squadra è presto dimostrata.
Una domanda sorge a questo punto spontanea: chi ci garantisce, alla fine della fiera, che società e tifosi stiano realmente facendo il possibile per il bene della squadra? Non volendo schierarsi né con l’una, né con l’altra parte, si direbbe che la lotta si sta spostando su un piano prettamente personale: da un lato un imprenditore molto orgoglioso che non accetta né la sconfitta né soggiace alle minacce, dall’altro una fazione che identifica con il demonio l’uomo che, primo in quasi vent’anni, non è scappato a gambe levate non appena il malumore è sfociato in contestazioni esplicite e violente. Da un lato una persona troppo impegnata a difendersi dalle stoccate, dall’altro un gruppo morbosamente attirato dagli affondi. In mezzo, come uno scudo ormai logoro dalle mille e più percosse, il povero torello ormai esangue.
In un momento così delicato, alla faccia della logica più ferrea o della burocrazia più minuziosa, il Toro potrebbe essere semplicemente del primo che si preoccuperà realmente di proporsi positivamente in nome di una seppur minima riscossa.
Concludendo, sul piano legale il Torino Fc ha indubbiamente un unico e riconoscibile proprietario, il quale potrebbe usare la società alla stregue di un giocattolino senza per questo essere perseguibile per legge. Non essendo uno sceicco che pranza a pane ed oro, non essendo un grande conoscitore di calcio, non ci resta che una speranza: impari il più in fretta possibile a destreggiarsi in questa gabbia di matti. Sperperare soldi non è la soluzione e lo abbiamo capito tutti, ma nemmeno lesinare sulle migliaia di euro ci porterà molto lontani.
Sul piano romantico, ma ancor più su quello della memoria storica, il Toro è stato, è e sempre sarà rappresentato in prima istanza dalla sua tifoseria. Ad essa il compito di promuoverne le qualità più naturali; ad essa il compito di proteggerne, a dispetto dei risultati, il blasone e l’onore. Possiamo anche perdere sul campo, ma fuori dovremmo sempre dar l’idea di essere inimitabili. A ben pensarci, studiando un po’ la storia recente del Torino, come un’epifania si è rivelata una realtà piuttosto scioccante: stiamo contestando praticamente da vent’anni. A parere di chi scrive, non è certo in tal modo che si avanzano i diritti di proprietà…

domenica 31 ottobre 2010

Stati Generali Granata di Andrea Morè


Cari Fratelli,

il Torino non è più Toro da veramente, troppi anni ed ufficialmente nemmeno più molto Torino e non è azzeccando l'acquisto di uno o due giocatori che si può invertire questa tendenza e nemmeno con un insperata promozione che calmerebbe la piazza verso un tacito silenzio complice e colpevole.

La Dirigenza attuale non ha fatto altro, in maniera anche sconsolatamente ignara ma per questo non meno colpevole, che contribuire a quel processo di eliminazione dell'Anima della Città e dalla Città, ricca di un autocoscienza propria e di senso critico costruttivo (il Toro), per cercare di sostituirla con il prodotto in serie del Lingotto.
Questo è quello che si fà per creare un background culturale fasullo in quanto non spontaneo atto al controllo totale di una collettività non più critica ma complice di un sistema lobotomizzante che rende le persone totalmente dipendenti anche e sopratutto negli svaghi ex ultima riserva dove esprimere il proprio malcontento così come lo schierarsi partigiano e gridare i propri valori e sentimenti.
E' una pratica comune alle multinazionali oggi come ai colonizzatori ieri: disintegrare l'identità locale per sostituirla con le proprie divinità al fine di ridurre in schiavitù gli autoctoni.
Siccome non credo in questa logiche che ritengo antievolutive e dannose vi racconto una storiella conosciuta ma da tenere ben a mente sempre, chi la conosce a memoria (credo tutti), è consigliato comunque di leggere siccome il finale spetta di scriverlo a noi medesimi.
Tutto è cominciato, per non dire prima, ad avere un impatto diretto quando qualcuno di spicco della famiglia e tifosi bianconeri, negli anni 90 si lamentavano nel vedere un attaccamento da parte dei nostri verso la maglia con conseguente foga agonistica ed un esponente in particolare della sudetta famiglia consigliava di trapiantare geni di Toro nella compagine di sua proprietà, tentativo goffamente tentato con l'assunzione di sostanze dopanti.
Iniziò quindi il periodo di cretinopoli e contemporaneamente lo smantellamento del Torino, siccome è sempre meglio togliere dallo sguardo del confronto chi di bello e forte è di suo, questo anche per ottenere qualche rekord modificato geneticamente in laboratorio, rekord comunque fasullo, da esporre nel salotto buono di casa.
Processo che negli anni seguenti è evoluto nella distruzione del Filadelfia atto perorato da amici (loro),spesso passatisi negli anni per granata e popolari a fini elettorali e non solo, tanto per non sporcarsi le mani e gettare un po' di fango in casa altrui, come la classe e la nobiltà d'animo di queste persone impone caratterizzandoli e distinguendoli da sempre.
Processo ulteriormente evoluto nel coprire di ipoteche il terreno su cui sorgeva il tempio al fine di impedirne ogni recupero da parte di chiunque se non con fini ulteriormente distruttivi ed irrimediabilmente compromettenti.
Il Filadelfia, che è vivo ed alberga nel profondo di ognuno di Noi, vero cuore e tempio della resistenza granata e forgia di quell'identificazione nel simbolo, non solo cittadino, di giocatori, tifosi, innamorati della bellezza tutti, resta un nodo fondamentale della vicenda anche futura.
L'atto conclusivo del libercolo era il fallimento economico del Torino cosa avvenuta tramite le presidenze pilotate di uomini di fiducia della famiglia e di quella che ormai era definta la triade.
Poi finalmente qualcuno, perfino in Italia, li ha temporaneamente frenati, risultato: Toro in A e gli altri in B per frode sportiva: questa è storia, ma la lotta per la salvaguardia di una Torino pane vino e salame piuttosto che kinder e nandrolone non è minimamente terminata, come la storia attuale insegna.
Viviamo in un mondo dove nelle maternità, sorridenti personaggi, ti regalano gentili scatolette con cibo per neonati che già contengono nella loro composizione organolettica gusti precisi atti fornire un backgroud materno ed affettivo al fine di indirizzare la scelta dei futuri adolescenti verso cibi replicanti i medesimi gusti artificiali che guarda caso sono quelli della maggior parte delle multinazionali del cibo.
Viviamo in un mondo dove famosi sportivi corrotti e dopati ti regalano buoni benzina e vendono merendine, sorridenti ed affidabili, proponendosi come modelli per i bimbi ed insperati fidanzati per le bimbe.
Contro tutto questo lotto ed il mio impegno lo concentro nel Toro, in quello che per me è il Toro: un anima pura capace spesso di rifiutare lauti pasti geneticamente modificati pur di mantenere la sua identità unica e vera ricchezza di ogniuno, sarò naif, ma sono me stesso, felice e libero, cosa che non si può dire del Torino Fc attuale.
Dopo tante battaglie vinte contro gli attachi verso questa identità granata la cui sola colpa in questo mondo è di: essere a prescindere, piuttosto che un prodotto virtuale, vedersi sotto la "presidenza" di chi incarna tutto il contrario dell'essere granata e della sua filosofia è semplicemente orribile.
Vedere il Torino diventare non solo oggetto di svago di un questa presidenza ma trasformato in veicolo di espressione e propagazione di una filosofia iperconsumistica e competitiva, irrispettosa di qualsivoglia valore e persona in cui nessun granata si può riconoscere mi fà accaponare la pelle.
Per questo e solo per questo, in maniera pacata ma ferma mi insorgo, ora che il rischio non è quello del fallimento economico o sportivo ma addirittura identitario, unica vera ed enorme ricchezza e plusvalore oltre che arma.
Esprimendo la cosa in maniera filosofica si potrebbe tradurre: "se per sopravvivere mi devo uccidere non ha senso il vivere", cosa , grazie al cielo, clinicamente non possibile.
La profanazione non solo del giuoco del calcio ma dei valori granata ogni volta che il Torino Fc scende in campo è a dire poco immonda e devastante per chiunque abbia non dico cuore granata ma perlomeno un cuore e lì stà la vendetta del cuore a mostrare impietosamente cosa ha voluto dire perdere l'anima e disconoscere il frutto del proprio sentimento.
Le stesse vendette o conseguenze cadute spesso su tutti quelli che hanno fatto male al Toro cadono adesso sul Toro stesso, su questo Toro e non sono il frutto di nessun caso o di nessuna errata campagna acquisti.
Inutile volerne a chi è arrivato su di una terra ormai brulla, qualcuno tra gli interpreti in mutandone ha intuito grazie alla fedele e paziente evangelizzazione granata dei molti cuori che volteggiano senza trovare casa e posa, ma è poca cosa veramente poca, immensa cosa malgrado tutto se la priorità del nostro sguardo è l'opera apostolica di Noi Granata.
Di fronte a tutto ciò, non propongo marce e nemmeno bombe, ma la convocazione degli: STATI GENERALI GRANATA.
Se è vero che siamo un Popolo che cerca faticosamente di evolvere verso una democrazia dimostriamocelo!
Questo anche per smarcarci definitivamente da chi vuole il calcio come violenza e denaro e proporci ancora una volta Noi granata come innovatori ed alternativa valida, portiamoci come vettori di impegno e resposabilizzazione piuttosto che negligenza e valvola di sfogo alle derive di un sistema.
Tutti devono sentirsi coinvolti e responsabili quindi importanti anzi fondamentali: dal CCTC con annessi clubs a Toromio, personaggi famosi o meno famosi, parenti delle vittime del Grande Torino, Associazione ex Calciatori Granata, portatori vari di progetti di ricostruzione del Fila, ispiratori di cordate per rilevare la Società, scuole calcio giovanili legate al Torino, il tifoso senza tessere e spesso purtroppo senza voce in capitolo che meglio di tutti incarna il Toro vero proprio perchè non strombazza nelle orecchie del potente ma pretende di essere ascoltato, di chi sà di avere oro nelle mani ed il vero potere ma è stanco di essere ignorato, di chi ha sofferto e patito in silenzio questi anni di umiliazioni come le gioie quotidiane, anche odierne, dell'essere liberamente granata fuori da ogni schema.
Una sola cosa è certa ed imperativa: l'esserci tutti ed inaugurare la nascita di questa entità: forte, calma e vigorosa, capace si spera in un futuro di proporre un comitato ed infine un personaggio pienamente e senza timori in diritto di stare a sedere ogni volta che in alta sede si tratta e parla di Toro, in ogni ambito interno ed esterno al Torino FC.
Il Toro deve esistere in quanto il Toro siamo tutti Noi, spesso anche chi lo ignora siccome granata è il sangue di tutti ed è un simbolo di vita e di forza perfino per chi disconosce la natura ed a questa realtà chiunque si deve adattare e non l'inverso, sopratutto deve nascere il concetto che il TORO E'! e deve essere ufficialmente rappresentato da qualcuno, questo indipendentemente dagli alti e bassi delle clasifiche e dalle influenze più o meno mafiose che gravitano in tutta le geopolitica economica locale ed internazionale.
Questo punto è fondamentale!
L'unica salvezza è essere uniti anche "solo" per screditare in maniera lampante chiunque metta in pericolo le nostre fondamenta.
Il Toro non appartiene a nessuno e chi è Granata lo sà, nemmeno agli Ultras tanto demonizzati che spesso anche in maniera goffa e brutale ma sono stati i soli a reagire vigorosamente, nemmeno agli ex giocatori o dirigenti od agli innumerevoli scrittori e poeti, tantomeno alle televisioni od a Cairo, al Toro si appartiene punto e basta e si è Granata in ogni ambito e momento della vita, chiunque si è introdotto sulla strada di credersi padrone del Toro è perentoriamente caduto malamente e chi ha cercato di influenzarne l'esitenza ha patito, magari segretamente ma ne ha patito, fosse anche solo nello stagnare nell'ignoranza del proprio delirio di onnipotenza che ne ha sicuramente frenato l'evoluzione personale.
Non siamo ancora in grado forse di gestire direttamente il Torino ma incominciamo da quello che è posibile: dimostrare a noi stessi la nostra forza e non è poca cosa.
Creiamo una prova di forza reale e costante capace di partorire in futuro non un atto ma un ruolo istituzionale ogni qualvolta si voglia parlar di Torino facendo ben vedere e sentire a cosa ed a chi và incontro l'interlocutore di turno.
Va da se che chiunque già impegnato, CCTC od altri in progetti agglomeranti il pianeta Toro od attivi in altra maniera es. imprenditori impegnati a cercare cordate, torneranno, fuori dall'Assemblea Generale Granata, a svolgere e contribuire a loro maniera alla propagazione del nostro credo.
Non parlo di destabilizzare o discreditare il già lodevole esitente ma di sapersi trovare per dimostrare la nostra forza e riuscire nel dichiare l'ufficialità dell'esistenza di un Popolo.
Se alla prima uscita di questa Assemblea, che dovrebbe diventare appuntamento puntuale, si riuscisse anche solo a produrre un documento, o comunicato ufficiale di cui tutti, vista la portata e la consistenza della base, dovranno tenere conto sarebbe meraviglioso.
Se poi un giorno si potesse arrivare ad una carta costituzionale del Popolo Granata, con regole e precetti cui chiunque ufficialmente volesse avvicinarsi al Torino dovrebbe attenersi sarebbe ancora più meraviglioso.
Lo scopo lo ripeto è quello di riuscire a creare una volta tanto un consiglio con esponenti di spicco capaci di rappresentare tutti noi in ogni sede e dare risalto e visibilità alla forza che rappresentano con conseguente rispetto ed attenzione da parte di chiunque.
Bisogna ricreare il terreno coltivabile e fertile per il nuovo Grande Torino e quel terreno siamo Noi, si ho detto bene Grande, siccome anche il più piccolo che sà ergersi contro l'ingiustizia liberandosene diventa un Gigante ed il più Grande di tutti riducendo al nulla il male di cui non ha più timore siccome il male si nutre solo di vuoto e paure immotivate, nel momento in cui si realizza cosa ha valore tutto il vuoto va a decadere e scomparrire.
Non dobbiamo avere paura di essere forti malgrado quello che vogliono farci credere e pretendo che il ribellarsi per il bene torni ad essere un valore di pubblico dominio rispettato e venerato per noi e per tutti!
I GRANATA SONO QUA'!
Con affetto Granata
Andrea Morè


FONTE : http://www.toromio.net/

giovedì 28 ottobre 2010

SE LA MERDA FOSSE ORO QUANTI SOLDI AVREBBE IL TORO....?

Un po' di ironia x sdrammatizzare...se possibile...
Incubi di una sera di quasi inverno...
Dopo aver assistito alla splendida prestazione del Torino Fc nella trasferta di Coppa Italia contro il Bari, preferisco buttare la cosa sul ridere altrimenti rischierei di essere scurrile come nel titolo....Ma si fa fatica a ridere dopo una partita del genere...soporifera si', ma poco simpatica.....

Eh si...il titolo mi è venuto pensando ad un 'ipotetica valutazione ecomonica del Torino, ma fatta all'incontrario...e cioè puntando su quasi 20 anni di palate di m.......

Adesso torniamo seri...ma non troppo....

Analizziamo questa prestazione con un occhio critico, esaminandone i personaggi:

  1. Lerda: mister per piacere beva meno o cerchi di guardare la partita della sua squadra,in quanto stasera nessuno ha visto un buon gioco per un'ora e, soprattutto, se era questo quello che aveva chiesto alla squadra c'è di che preoccuparsi...PROMEMORIA PER L'ALLENATORE DI CALCIO : LE PARTITE DURANO 90 MINUTI PIU' RECUPERO...NON 10, 20 MINUTI O MEZZ'ORA, MA CIRCA UN'ORA E MEZZA....SE LEI HA TROVATO LE RISPOSTE CHE CERCAVA NOI TIFOSI CI STIAMO FACENDO TANTE DI QUELLE BELLE DOMANDE ( del tipo " Ma chi c.....o me lo fa fare a tifare per questa squadra????" oppure "Ma come mai capitano tutte a noi???" e "Ma perchè tutti o quasi i calciatori ed allenatori che arrivano qui sono depressi e invece di lottare per non prendere gol dagli avversari si deprimono appena questo accade ed entrano in un tunnel da cui non riescono ad uscire, se non con un'altra maglia addosso??? " e queste sono quelle che posso scrivere, le altre gliele lascio immaginare..... )E' troppo pesante la maglia del TORO e la sua storia da non permettere a calciatori ed allenatori di lottare con dignità come ad esempio fa da anni l'Albinoleffe?... che...con tutto il rispetto... non è il Real Madrid o il Barcellona.....Si ricordi che lei allena il Torino Calcio e le squadre avversarie per noi non dovrebbero essere così "temibili" come il Bari di stasera....SEMBRAVA UNA PARTITA AMICHEVOLE TRA SCAPOLI E AMMOGLIATI.....E NOI SIAMO RIMASTI A GUARDARE....COME SI FA???
  2. Cofie: giovanottino caro, io sarei ben lieto di vederti fare esperienza nella nostra squadra primavera, ma stai tranquillo....se ogni tanto cerchi di metterci un po' piu' di decisione noi non ci offendiamo.... Per il momento consiglierei alla società di dare spazio a ragazzi della nostra primavera i cui errori sarebbero perdonati più facilemente....Non perchè Cofie non mi stia simpatico o non sia un giocatore di prospettiva, ma anzi perchè cosi' facendo rischierebbe di bruciarsi.....I giovani a parere mio andrebbero messi in campo quando c'è un gruppo forte e ben consolidato che li possa "proteggere"....
  3. FILIPE: diteci la verità...davvero ha giocato nel Chelsea ???
  4. BIANCHI E OGBONNA: un consiglio spassionato e disinteressato, a gennaio chiedete al direttore sportivo del Torino FC di mandarvi verso altri lidi, almeno voi che potete, provate a farvi una carriera....
  5. PETRACHI: complimenti per le prime scelte...a gennaio ci accontentiamo delle seconde o terze....ma faccia in modo che corrano...per favore....magari li peschi tra i campetti di provincia, di sicuro ce la metteranno tutta e li apprezzeremo almeno per l'impegno.....E, se proprio non ci sono soldi, a Torino ci sono tantissimi disoccupati tra i 20 e i 30 anni, gli dia mille euro al mese e vedrà che non se ne pentirà....avranno piu' palle di mezza serie A e non vedranno l'ora di dimostrare che valgono di più di certi personaggi che giocano a calcio ad alti livelli grazie alle magie di certi procuratori....
  6. TIFOSI: GRAZIE GRAZIE GRAZIE....A CHI CONTESTA MA LO FA CIVILMENTE E A CHI NON LO FA ALTRETTANTO CIVILMENTE...E SOPRATTUTTO COMPLIMENTI PER LA PAZIENZA E LA FEDE INCROLLABILE...SIAMO NOI TIFOSI IL VERO PATRIMONIO DEL TORO...CERTO POVERO E NON MILIONARIO COME I CALCIATORI...MA RICCO DI PASSIONE,AMORE E IDEALI CHE PROBABILMENTE NON HANNO LA POSSIBILITA' DI VIVERE IN QUESTO CALCIO/BUSINESS MODERNO....
  7. ALLA SOCIETA': Una sola richiesta....RESTITUITECI LA DIGNITA'....CI BASTA QUELLO.... Ed un piccolo favore....DA ADESSO IN POI, MAGLIE GIALLE COME STASERA E COME AL TOUR DE FRANCE....IL GRANATA METTETELO AL TORO VERO...CHE NON E' QUESTO....


CHIEDO SCUSA A TUTTI PER QUELLO CHE E' SOLAMENTE LO SFOGO DI UN TIFOSO E UN VANEGGIAMENTO DI UN OSSERVATORE UN PO' ARRABBIATO...QUINDI CIO' CHE HO SCRITTO E' FATTO CON RABBIA E PERCIO' CHIEDO PERDONO A TUTTI PER "TEMPORANEA INFERMITA' MENTALE DOVUTA AD UNO SHOCK POST PARTITA "
IL MIO PERSONALE SOSTEGNO ALLA SQUADRA E ALL'ALLENATORE TORNERA' AD ESSERE CIECO ED INCONDIZIONATO DA DOMANI MATTINA COME SOLO L'AMORE SA ESSERE....
QUINDI RAGAZZI...RIMBOCCATEVI LE MANICHE E NOI FAREMO TUONARE L'OLIMPICO DI GIOIA
FORZA TORO
SEMPRE E COMUNQUE
CHE SI VINCA CHE SI PERDA....ECC....

mercoledì 27 ottobre 2010

I Prigionieri

Su gentile richiesta di un nostro giovane amico e grazie all'autorizzazione dell'autore e della Redazione del sito Toronews pubblichiamo un articolo che potrebbe essere la fotografia di quella che è l'attuale realtà granata.
Un invito a riflettere da parte di una penna autorevole dell'immenso mondo giornalistico granata.
Ricordiamo che l'articolo è stato pubblicato in data 16 gennaio 2009.

La goccia che spacca la roccia.

Ho fatto un sogno.

Un incubo, a dire la verità.
Non è la prima volta. Non riesco mai a vederne la conclusione, mi sveglio sempre angosciato nel cuore della notte, prima di arrivare alla fine.
- Che hai, non dormi?
- No… non sto un gran ché bene…
- Non sarà mica per il Toro, vero?
- …ma figurati, ho quarant’anni, non quindici.
Già.
Palle palle, palle rosse e gialle.
Non so come, ma il Toro c’entra, in qualche modo c’entra eccome.
Mi aggiro lungo i corridoi bui e sfocati di un seminterrato.
“Ci misero uno stadio contro”… chi ha detto questa frase? Quando l’ho sentita?
Tutto è confuso nella mente, persona ggi, situazioni e date si mischiano e sovrappongono.
C’è tanta confusione in questo corridoio che fa paura.
Alla destra e alla sinistra si aprono numerose porte che sembrano quelle di tante celle.
Al termine del corridoio, se ne apre un altro, sulla destra.
Non voglio andarci, non voglio proseguire, non voglio!
I piedi non si muovono ma avanzo lo stesso.
Sto strisciando, qualcuno mi sta spingendo.
Mi sveglio così, di soprassalto.

Premetto che sono stato fatto fesso più volte.
Ognuno di noi è pieno di scheletri negli armadi, chi più, chi meno, è inutile ricercare un ideale di perfezione che non esiste. Beati i perfetti, io non lo sono.
Qualche scheletro è talmente scomodo da essere rinchiuso in un armadio nascosto, del quale si è gettata via volontariamente la chiave.
Ero contro Vidul ich e soci, fortemente.
Allora proprio non immaginavo che ci potesse essere qualcuno che muoveva le fila di altri interessi e che sfruttasse la mia rabbia e quella altrui.
E’ dura scoprire che pensi di ragionare con la tua testa, e poi guardi dietro le tue spalle e non vedi i fili che muovono le tue braccia e quelli invisibili che ti fanno credere che i tuoi pensieri siano giusti.
Quando lo capisci, le tue braccia si sono già mosse e hanno risposto al cervello.
Così ne sono conseguite delle azioni.
Troppo tardi, troppo tardi.

La storia dei Prigionieri… mica facile parlarne.
Forse per parlare di come nacquero, bisognerebbe non partire da Vidulich, ma tornare ancora più indietro nel tempo, ai convulsi giorni del 1994, quando il Toro va davvero vicino al fallimento.
Sono passati i giorni della gestione Borsano e di Governi.
Il bilancio societario è allo sfascio.
Primavera 1994, la storia del Toro viene scritta in quei giorni, anche se, per capire veramente, bisognerebbe tornare ancora indietro, a chi demolì le basi del solido Toro anni ’80 e lasciò via libera a gestioni societarie nefaste.
Ma questa non è la storia del gambero, anche se le tessere del puzzle sono indissolubilmente legate, come tanti pezzi che si incastrano uno all’altro e che conducono a una cella umida e maleodorante.
Scegliamo un punto di partenza, e che sia quello.
Nei primi mesi del 1994, il Torino di Mondonico, di Benito Carbone e Francescoli, è ben piazzato in classifica, ha la strada spianata in Coppa Italia verso la finale, ed è arrivato nei quarti di finale di Coppa delle Coppe.
Ma la crisi societaria è alle porte. Da mesi ormai vengono sollevati dubbi sulla gestione del Notaio Goveani.
I l ibri contabili del Toro finiscono sotto sequestro. Nessuno sa quanto sia profonda la voragine di debiti che inghiotte la società.
Si comincia a salvare un “salvatore”, atteso come il Messia, nonostante Goveani sia ancora al timone della società.
Che diamine, il Toro non può mica fallire!
Si parla da tempo unicamente di Calleri, che ha già risanato la Lazio in passato.
Improvvisamente si accende una luce in fondo a un tunnel disperato che i tifosi del Toro non hanno ancora conosciuto, si profila un possibile Salvatore, ma con la “S” maiuscola.
In pochi lo conoscono.
E’ il miliardario, residente a Monaco, Giribaldi, che i giornali definiscono “ricchissimo”, oltre che gran collezionista di orologi (!)
I soldi sembra però averli sul serio e non sembra spaventato dalla montagna di debiti accumulati dai predecessori. “ Si firma un bell’assegno per i debiti e poi non se ne parla più”, titolano i giornali.
I tifosi sognano.
Invitano, peraltro gentilmente, Goveani ad andarsene.
Si parla anche di operazione congiunta Giribaldi – Calleri e nell’affare sembra entrare anche Sergio Rossi, come conoscitore dell’ambiente e come consigliere dei due, anche se Calleri non sembra apprezzarlo particolarmente.
Ma la trattativa è strana, sorgono ogni giorno nuove complicazioni che gettano acqua sull’entusiasmo dei tifosi. Le cose sono nebulose già in partenza, e non si sa quali interessi siano in ballo. Si attende invano, ma strane ombre si agitano.
Improvvisamente, nelle ore che precedono Torino-Arsenal, quarti di finale di andata di Coppa delle Coppe, Giribaldi si ritira dalla trattativa.
Si vocifererà che gli sia stato “consigliato ” di farsi da parte, come ad altri prima di lui.
Voce del verbo vociferare.
Questa affermazione ovviamente è senza fonte, come tante di quelle che gravitano spesso attorno al Toro, ma che hanno la strana particolarità di essere spesso credibili e di fornire chiavi di lettura lucide, in scenari altrimenti coperti dalla terra che vi è stata gettata sopra a bella posta.

Dicevamo, il Torino, nonostante perda i pezzi migliori da oltre due anni, ha scenari aperti in tutte e tre le competizioni.
Dopo il ripiegamento di Giribaldi, la squadra però crolla. In maniera anche strana e inspiegabile.
La semifinale di Coppa Italia è persa contro l’Ancona, che milita in serie B (0-1 al Conero, 0-0 in casa) e che sarà schiacciata dalla Sampdoria in finale. L’Arsenal, apparso quadrato, ma non irresistibile, non viene aggredito e allo 0-0 in casa, fa seguito lo 0-1 di Londra, graz ie a un gol di Tony Adams a un quarto d’ora dalla fine.
Sarà la nostra ultima partita internazionale, Intertoto a parte.
In campionato, a Coppa UEFA ormai praticamente raggiunta, il Toro si fa infilare quattro volte dal Foggia in casa, prima di capitolare anche a Roma.
Fuori dai giochi.
Calleri, da solo, rileva il Toro e lo salva dal fallimento, ma da quel momento, con la motivazione del risanamento, il Toro come lo intendiamo noi tifosi, smette di esistere.
Il primo a farne le spese sarà il Filadelfia, che verrà chiuso.
Poi il parco giocatori.
Il vero vivaio muore in quei giorni.
Sono gli anni dello scambio Vieri-Petrachi.
Fateci caso, c’è sempre qualche battitore di grancassa in queste situazioni, pronto a dire che si tratta di un affare.

E’ il campionato 1994-1995, dunque, quando tutta la squadra viene stravolta, anche se il merca to (Vieri-Petrachi a parte) viene condotto con una certa intelligenza.
Il Toro è giovane, spregiudicato. Vincerà entrambi i derby della stagione grazie ai gol di Rizzitelli, che sfodera un’annata eccezionale.
Seguiamo passo passo la nostra storia e i fili che si legano.
Come capita spesso noi tifosi focalizziamo la nostra attenzione sulla squadra, sulla palla che rotola, sui dettagli del match o di un gol.
Spesso però il nostro punto di vista è troppo ristretto, troppo focalizzato sul dettaglio.
Proviamo a zoomare al contrario
Ad esempio, i gobbi cominciano a comportarsi in maniera strana.
Come? Prima di tutto con una rivoluzione al loro interno.
Boniperti viene messo da parte ed emerge la posizione di Bettega all’interno della società.
La battaglia non è in cruenta, si verifica anche un curioso scontro tra la loro curva Sud, s chierata con Bettega, e la Nord pro Boniperti.
E poi?
E poi alle volte non giocano più a Torino.
Tra le altre, giocano la finale di ritorno di Coppa Uefa (perdendola), col Parma a San Siro, pochi giorni prima di vincere il loro scudetto (dopo anni di astinenza) sempre col Parma, ma questa volta a Torino.
Il motivo? Il problema è lo stadio Delle Alpi, che è un problema, sin dall’inizio.

In pochi avrebbero immaginato che la decisione di costruire uno stadio nuovo alla fine degli anni ’80 si sarebbe rivelata così nefasta.
Peggio che nefasta.
Terribile, una decisione che scandisce la nostra vita sportiva ancora oggi.
Una decisione voluta da nessuno, tranne chi aveva tutti gli interessi a rovesciare quintalate di cemento, possibilmente guadagnandoci il più possibile.
Cemento, quante volte questa parola tornerà ancora in questa storia.
Inutile, certo, ovvio dall’inizio, anche agli occhi ingenui di un ragazzo.
Non c’è modo migliore di far girare l’economia se non quello di far girare i soldi con fior di finanziamenti per mezzo di avvenimenti epocali, camuffati da happening sportivi o meno.
Con la promessa che saremo in tanti a guadagnarci, ovvio. “I benefici ricadranno a pioggia su tutti”.
Segnatevi questa frase perché molte volte la pioggia è diventata grandine, caduta sulla zucca di chi aspettava a mani aperte.
Italia ’90 era alle porte e se si provava dire che l’idea dello stadio della Continassa era una boiata, si passava per antieuropeisti.
Scherziamo? Torino aveva bisogno di uno stadio europeo!
Ma che dico, “europeo”! “Mondiale”!
Ci voleva uno stadio “mondiale”.
E lo fecero. Brutto e angosciante come pochi.
I l progetto originale prevedeva addirittura la curva divisa in due.
Poi parzialmente realizzato.
Alla fine ce la fanno sempre.

Sorpresa però. La chiave di volta della nostra storia forse non è ancora questa decisione assai peggio che infelice. A vincere l’appalto non fu una società appartenente al capitale torinese, ma l’Acqua Marcia di Roma. Particolare da non sottovalutare e da ricordare e che meriterebbe un capitolo a parte.
I costi lievitarono in maniera astronomica, in molti ricorderanno quell’episodio.
Torniamo ai giorni del 1995, nei quali la gobba va a giocare in giro per l’Italia, lamentandosi per i costi insostenibili di affitto del Delle Alpi.
In molti videro, nella minaccia di andarsene altrove, un ricatto al Comune, un modo per fare pressione per ottenere la cessione del costosissimo stadio (più diritti di superficie) ad un prezzo conveniente.<>Molto più che conveniente.
Ehi, però, un momento!
A Torino non gioca anche il Toro?
Non gioca nello stesso stadio?
Già, però il Toro è poverino, malato… che cosa può pretendere? E’ il parente povero e martoriato. Vogliamo mica fare la voce grossa?
Guardiamo in casa nostra che abbiamo cose più importanti da fare, non facciamo gli invidiosi, i vittimismi, in fondo chi se ne frega?
Purtroppo il nostro punto di vista è talmente ristretto che ci si preoccupa maggiormente della forma di un giocatore piuttosto che di strane voci astratte.
E bonariamente crediamo che un problema edilizio non possa avere a che fare con una squadra di calcio.
E invece c’entra. C’entra eccome.
Non ci rendiamo conto della sua dimensione ma c’entra.
Niente voce grossa dunque
A Torino ce n’è già un a.
E poi noi siamo alla canna del gas.
Così in quei giorni sì gioca il destino della nostra storia, le cui conseguenze si ripercuotono ancora oggi.
Ah… dimenticavo un particolare, importante.
Dopo i nostri trascorsi, Luciano Moggi fa la sua comparsa nella società bianconera.
Che vince subito lo scudetto.
Uomini abili ai posti giusti. Chapeau.

Le fortune di Calleri svaniscono alla svelta ed il colpo del secondo calciomercato pirotecnico non riesce.
Si diceva che Madama si fosse incazzata per i due derby persi l’anno precedente, e che volesse fargliela pagare. Che questi non fossero i patti. Ipotesi ovviamente…
1995-1996, il Toro precipita nuovamente in B con Doardo – Biato – Caniato, una stagione grigia, come grigia e anonima sarà quella seguente, con Calleri contestato ed il Toro che affonderà nell’anonimato de l centro classifica della serie cadetta.
L’anno di Sandreani, per intenderci, di Lombardini, Minaudo, Cammarata, Rocco, Santarelli, Nunziata, Ipoua, Cevoli e Fiorin.
Calleri si disinteressa della squadra (presentata in Umbria, anziché a Torino), fino ad avviare trattative per la cessione.

Mille voci si alternano in questo corridoio.
Alcune ridono, altre sbraitano.
Solo una cosa non cambia. Ogni notte sono sempre più vicino alla svolta di questo corridoio, nonostante i miei sforzi.
Lo so, ci sono già stato… e lentamente mi sembra di ricordare qualcosa.
La mia cella, la mia personalissima cella. Quanto tempo fa è stato? Quando ne sono uscito?
Ricordo… Non ero solo. C’era un uomo con me.
Un giorno si aprì una breccia nel muro, la cella andò in pezzi e trovai la forza di uscire.
“Non tornare più! Non vog lio più che tu torni qui… promettimelo!”, mi disse.
Lui sarebbe rimasto lì. Qualcuno, presto o tardi avrebbe ricostruito le mura, disse.
Non mi ricordo chi fosse e perché restò lì.
Tutto è confuso.

Nessuno sa cosa sia successo esattamente con Calleri.
Si diceva e si pensava che avrebbe consegnato il Toro a personaggi in qualche modo controllabili, il suo compito era finito, richieste, ma la faccenda stadi era in piedi più che mai, anche se il Toro, volutamente alla canna del gas, certo non poteva avvallare richieste.
Non solo, all’orizzonte si profila l’idea nuovi investimenti e nuove ribalte per la città.
Invece Calleri, forse indispettito, cede il Toro a tre emeriti sconosciuti, nella primavera del 1997.
Non sono di Torino, arrivano da Genova.
Sta per cominciare la breve ma tormentata stagione Vidulich .
Più o meno nello stesso periodo, aprile 1997, il Filadelfia, passato alla Fondazione di Novelli, viene raso al suolo nell’indifferenza generale.
Al suo posto sorgerà un nuovo impianto, più moderno e sicuro, un gioiello all’avanguardia.
Si dice anche che con un po’ di fortuna potrebbe essere inaugurato in occasione del cinquantenario della sciagura di Superga, nel 1999.
Fortuna… averne.
In pochi, in pochissimi si oppongono fiutando un raggiro.
Quel giorno qualcuno piange su quel terreno.
Noi no. Forse abbiamo cominciato ad assumere lentamente del veleno che ci annebbia i riflessi.
Personalmente me ne renderò conto solo un anno più tardi, facendo una passeggiata nella zona.
Non me lo perdonerò mai.
Inoltre ancora non ci siamo resi conto di quanto possa valere un terreno in una zona strategica di Torino.
E continuiamo a pe nsare che gli interessi di speculazione edilizia non abbiano a che vedere con noi.
Lo scopriremo amaramente.

Nessuno ha mai capito bene e fino in fondo che progetti avessero Vidulich, Palazzetti, e Bodi, con l’appoggio di Regis Milano, nei giorni confusi di fine millennio.
Si presentano maluccio, alla conferenza di presentazione dicono che nell’operazione è coinvolta anche la Merril Lynch, un colosso finanziario.
Trascorriamo una serata tra stappi di spumante e sfottò ai gobbi.
Se la Merril Lynch è entrata nel Toro, allora i giorni bui sono finiti.
Il giorno seguente arriva la smentita diretta della banca.
E’ soltanto uno degli azionisti ad avere un conto presso di loro.
Ah.
Una sottile differenza.
Via lo spumante.
Per i tappi pazienza.

Dicevo, non si seppe mai chi fosse veramente il proprietario del Toro, anche se m olte strade sembravano portare a Regis Milano padre, che viveva all’estero causa problemi finanziari precedenti. Questo argomento fu poi causa di ampio dibattito quando si scatenò la campagna stampa contro di loro.
Poco importa adesso.
I soldi probabilmente erano pochi. Troppo pochi.

La sfortuna della gestione Vidulich si chiama 1997-1998.
I tre non sono riusciti a risollevare la baracca alla fine del 1996-1997 e puntano tutto sull’annata successiva, col ritorno di Lentini.
Ma Souness in panchina è un azzardo.
Quando subentra Reja, si sta volando verso la C.
Reja mette a posto la squadra, risale in classifica, si vola verso il quarto posto, grazie ai gol di Ferrante.
Ma il Toro è una società debole e lontana dalle sfere di potere, che mal digeriscono Vidulich e soci.
La promozione ci viene scippata come sappiamo.
D’accordo, in Italia si dovr ebbe indagare su ben altre cose, prima di questa.
Mettiamoci in coda, per un’indagine che non arriverà mai, su quel che accadde in quel finale di campionato, culminato nelle lacrime riarse di Reggio Emilia.

L’anno seguente Mondonico torna al Toro e si festeggia la promozione, nonostante la vergognosa sconfitta in casa nell’ultima partita contro la Reggina (ma si pensa che si volesse castigare il Pescara, che l’anno prima aveva calato le braghe in casa contro il Perugia).
Comincia la stagione 1999-2000, finalmente in Serie A.
In tarda primavera 1999, cominciano a comparire strani articoli di un acquirente rombante, tale Aghemo, dietro al quale si dice (a ridaje) si muova un magnate dell’industria.
Grandi scenari, spinti dalla carta stampata come non mai, universi di gloria ai quali noi prontamente ci inchiniamo.
E’ ora che arrivi Aghemo”, titolano sinistramente alcune lettere di tifosi inviate ai giornali, o, in maniera ancora più sinistra “Porto 15000 tifosi al Palasport” e l’immancabile cavallo di battaglia (o di Troia) “Ricostruiremo il Filadelfia”, con tanto di plastico.
Seguiamo passo passo.
I soldi al Toro di Vidulich sono finiti. Si parla di una valanga di debiti.
Ingenuamente la dirigenza rivelerà di puntare al quart’ultimo posto e questa dichiarazione, probabilmente sincera avrà un effetto boomerang su di loro.
La squadra arranca sul fondo della classifica, sembra riprendersi, ma poi incappa, tra Natale e l’anno nuovo in sei sconfitte consecutive, dopo una memorabile vittoria a Verona sotto la neve.
La campagna mediatica contro i genovesi è spaventosa, incessante, continua.
Ogni giorno ne viene fuori una nuova (il trucco è far sì che non siano sempre le stesse fonti a martellare) e la società paga tutti i suoi limiti di ingenuità e scarsa lungimiranza.
Vengono sguinzagliati inviati che ogni giorno, ogni giorno, ogni santo giorno sganciano la consueta bombetta.
Il Toro non paga gli stipendi”, “Il Toro non paga neanche le lavanderie!”,Vergogna” etc.
Al di là dell’inadeguatezza della gestione Vidulich, l’effetto è quello lento ed estenuante della goccia che alla fine scava un buco nella roccia, con il suo lento, inesorabile e infinito martellio.
Attenzione, non è una tattica usata soltanto in quello che dovrebbe essere sport.
Si comincia da una notizia isolata, poi da un’altra, si passa all’illazione e si fa scaturire il dubbio.
Dubbio che viene nutrito ogni giorno da nuove inesorabili gocce che cadono.
Se io per tutta la vita incontro persone che dicono che sono un pirla, alla fine penserò di esserlo veramente.
Se mi dicessero tutti – Hey, guarda che zoppichi! – io alla fine mi convincerei di zoppicare veramente, anche se cammino in modo perfetto.
La nuova cordata, dietro la quale si comincia a parlare dell’industriale di punta, molto legato alla Fiat, scalpita.
La squadra?
La squadra forse potrebbe anche salvarsi, in fondo è una questione di punti.
Ma l’ambiente collassa, dilaniato da polemiche e illazioni.

E’ il 2000, il Toro crollerà a cavallo dello sfortunato derby di ritorno e della gara interna contro il Verona.
Zoomiamo al contrario?
Dal particolare al generale?
La faccenda stadi è tutt’altro che risolta e all’orizzonte si movimenta, come un lontano miraggio, Torino 2006 , la città ha infatti ottenuto l’investitura ufficiale, il 10 giugno 1999.
Forse il Toro di Vidulich è davvero di troppo.

Ce l’avevo con gli Ultras all’epoca, pienamente travolto dalla mia superficialità e dal mio giudizio ristretto.
Non capivo perché una squadra che perde sei partite di fila non dovesse essere contestata.
Loro emisero un comunicato nel quale dicevano che “sarebbe stato meglio andarci cauti, piuttosto che fare largo a interessi poco chiari legati al Toro”.
Avevano ragione loro.
Ma il malumore aumentò a tal punto che l’inevitabile avvenne.
Ci misero uno stadio contro”, disse dopo qualche anno Mondonico.
Emiliano, Emiliano, non ho mai avuto una gran simpatia per te.
Ci mettesti del tuo con ‘ste cavolo di sostituzioni, ricordi Pinga col Milan? Ricordi la quasi rissa con Bonomi in Torino-Parma?
Eppure, anche se in modo sibillino, spesso dicevi sante verità.
Da interpretare, ma pur sempre verità.
Ci misero uno stadio contro.
Sono un fesso che si crede furbo.
Muovo, muovo le mani, credendo di essere io a muoverle.
Quando mi accorgerò dei fili dietro di me, ci sarà già l’uomo nero, e sarà troppo tardi per mandarlo via.

Ormai ho svoltato, sono nel corridoio di destra.
In fondo c’è quel debole lume.
Sono quasi stanco, rassegnato, ho urlato per tutto il tempo, ho supplicato, ho pianto.
E invece mille mani spingono me e altri verso le loro celle.
Mani furibonde, rabbiose, mani che non sanno.

Alla fine la roccia si spacca e il vulcanico Aghemo spazza via i genovesi, con il Toro ormai aggrappato alla disperazione, nea nche più alla sua forza.
In molti, me incluso, provano anche una velata simpatia per l’uomo, già Presidente del Moncalieri.
Più per la sua piemontesità, che per la fede calcistica dell’azionista di maggioranza, che si intuisce da subito essere nota stonata.
Avrà i suoi interessi per entrare nel calcio, ma in ballo c’è la ricostruzione del Fila, vogliamo mettere?
E poi, ci si dice, a questo punto qualsiasi cosa può essere meglio dei tre genovesi, no?
La vecchia dirigenza ha fallito si legge sulle lettere inviate dai tifosi ai giornali. Sono degli incapaci e incompetenti si legge in altre lettere, o nelle prime mail che parecchie persone inviano in società per rabbia.
Queste le frasi dell’epoca.
Dell’epoca.

Dopo un mesetto arriva la doccia fredda, scatenata dalla faccenda Pieroni, che viene ingaggiato come direttore sportivo e che si dice sia il modo per arrivare a Mazzone come allenatore.
Ma tra Bucci e Pieroni, la gente, in una fiammata di normalità, si schiera col Portiere.
Si scende in piazza.
Non sarà la prima volta, ci consumeremo le suole nel corso degli anni.
Aghemo si schiera contro Cimminelli e quest’ultimo lo silura.
Ormai il suo collaboratore ha esaurito il suo compito.

E’ storia che conosciamo, ormai.
Arriva Romero, personaggio legato ad un episodio terribile, uomo che in molti ricordano capo ufficio stampa di Gianni Agnelli.
La storia del Toro potrebbe fermarsi qua.
I fili sono stati tirati e ora non si può più tornare indietro.

Non c’è nulla di peggio di un veleno che ti viene dato giorno per giorno.
Se qualcuno entrasse nella nostra casa e decidesse di svuotarla, come reagireste?
Bè, la risposta è ovvia, vi gettereste addosso all’intruso e tentereste di prenderlo a calci per farlo uscire in fretta e furia.
Questo mi pare ovvio.
Invece proviamo ad immaginare se un giorno, tornando a casa scoprissimo che manca, che ne so una cornice. In molti probabilmente neanche se ne accorgerebbero.
Magari ci si metterebbe a cercarla per un po’, poi non ci si farebbe più caso, addebitando la scomparsa a una nostra mancanza.
E se il giorno dopo mancasse… un soprammobile? E poi qualcos’altro, tipo un libro? Si darebbe la colpa alla propria smemoratezza, archiviando il caso come curioso, cose di poco conto, in fondo.
Fino a non rendercene più conto, convincendoci di vivere in una casa maledetta e vivendo la spogliazione della casa stessa come inevitabile.
In fondo ci sono ancora i muri.
La casa, almeno la casa. Sempre più triste, sempre più anonima.
Un giorno ti accorgi che la tua casa non ha più mura, ma sbarre.
E tu non hai più la forza di uscirne.
In fondo quella è casa tua, anche se ha le sbarre.
Quanto era bella quando c’era tutto. Quanta nostalgia, quanti rimpianti!
Un veleno fa molto meno male se preso a piccole dosi.
Ci si fa l’abitudine, si passa le giornate a letto fino a che ci si abitua a quel sapore sinistro di morte.
Si tengono gli occhi bassi, fino a rialzarli raramente, oltre le sbarre.
Sono nati i Prigionieri.
Quelli che hanno vissuto per anni in un corridoio scuro e dimenticato.

Di nuovo il sogno, raramente, mi lascia in pace.
- Sei sicuro che non c’entri il Toro? Ti conosco troppo bene, tu non me la conti giusta.
- Ma figurati, è questa dannata acidità…
Accend o una luce, vado a specchiare la mia faccia stravolta.
Ho 40 anni… non sono più un ragazzino e neanche un ragazzo mi passerà mai?
Mi farò mai furbo?

Non sono solo, lo so, ma faccio fatica a comprendere chi è con me e chi ci stia spingendo.
Cerco di trovare un appiglio ai muri, ma i mattoni sono unti, sporchi e scivolosi.
E il pavimento… non sto strisciando. Sto scivolando, e forse anche in discesa…
Non voglio vedere cosa c’è alla fine del corridoio, nella mia cella, non voglio.
Ma il lume sinistro è sempre più vicino, sempre più vicino.
Non voglio!

Una cronaca cronologica della vita dei Prigionieri non sarebbe leale.
Perché in quel periodo il corso degli anni si confonde, i Prigionieri quasi non se ne rendono conto.
Quasi tutti abbiamo perso i ricordi sequenziali, che invece abb iamo di tempi più felici.
Sarebbe più onesto, come un pittore pazzo che vede la luce a sprazzi, pennellare frammenti di ricordi devastanti.
Lampi di luce, attimi di colore spento, pioggia battente in una giornata senza luce, odore stantio, sospiri silenziosi.
Un gol di Del Piero contro il Parma e la dirigenza granata che esulta in tribuna a Lecce, i coglioni a Superga, Ferrante che tira un rigore contro il Siena e lo stadio semivuoto che lo fischia, una vetrata in frantumi la notte di un Toro-Milan, i lunghi viaggi verso Reggio Emilia alla ricerca del niente, un giorno di sole che sperammo essere eterno, trascorso a ritrovarci, a contarci e a camminare lungo i viali della nostra città, una bandana e nulla più, uno stadio colmo di 17 persone, mentre i tifosi del Messina fanno festa, le vecchie sciarpe, i vecchi vessilli stretti tra le mani, sfregati quasi come una lampada di Aladino, nell’assurda e ing enua speranza che da essi si possano sprigionare la magia e l’energia racchiuse in essi, il Toro al posto della zebra in un marchio odiato, i sorrisi di compatimento di colleghi o conoscenti, che dapprima ti fanno abbassare gli occhi, poi ti fanno sbuffare e infine ti insegnano a reagire, perso per perso.
Dio, cosa mi hai insegnato Toro? Cosa mi hai insegnato?
Perché mi hai insegnato anche ad odiare? Ad avere pensieri indicibili?
Era questo il destino? Era questo il destino, già da quel lontano giorno degli anni ’70, quando mio padre mi parlava entusiasta di una vittoria sul Milan dopo tanti anni?

Se ci fosse un suono che potesse descrivere le vite dei Prigionieri in quegli anni sarebbe un solo, unico, devastante suono.
Quello del silenzio.
Ma non quello pacifico dell’alta montagna, che ti ristora l’anima, no, non quello!
Il silenzio della solitudine , quello che ti fa pulsare i battiti del cuore nelle orecchie, sempre più forte, sempre più forte!
Dio mio, Dio mio, fammi uscire da questo incubo, Dio mio, Dio mio!!!
I Prigionieri…
Un disco senza musica, un canto senza voce, un pianto senza lacrime, una risata a labbra chiuse, un amore senza baci, un divertimento senza gioia, un Dio senza religione, capelli scompigliati senza vento, rabbia senza ira, una corsa da fermi, Torino senza il Toro.
Una cella aperta, nell’attesa che qualcuno ci venisse a tirare fuori, un muro dove segnare i giorni le settimane e gli anni.
Un passato troppo terribile da ricordare, quando invece meriterebbe di essere ricordato ogni giorno.

Nel 2003, lo Stadio Delle Alpi, viene ceduto alla gobba per 24 milioni di euro (!!!), assieme ai diritti di superficie per 99 anni.
Il Toro si è opposto alla svendita? Ha recla mato qualcosa? Ma non scherziamo! Ma non proviamoci neppure!
A noi spetterà la proprietà dello Stadio Comunale, previo accollarsi le spese di ristrutturazione per le Olimpiadi del 2006.
Che si accollerà quindi il Torino Calcio.
Un buon affare per l’azionista, si dice.
Cemento, ancora cemento.
Già allora si comincia a sentir dire che il Toro non possiederà mai quello stadio.
Che la società (allo sbando e ultima in classifica nel 2003) non sopravviverà.
E non per questioni di destino.
La ricostruzione del Fila, alla quale in pochi avevano creduto, si è fermata da tempo in Consiglio Comunale sotto il peso di provvidenziali eccezioni.
Fine del cavallo di Troia.
Si specula sui terreni.
Si farà un supermercato, anzi no, solo due palazzi.
Qualche eroico tifoso si mobilita in una strenua ed estrema difesa di quel suolo sacro.
Nel 2003 ormai nessuno ha più dubbi.
I prigionieri sono già rassegnati. Il Toro chiude ultimo un campionato vergognoso.
Si cerca un compratore, si marcia in 50000, si crede a Basharin, poi a Mongarli, si passano le sere e le notti sul forum.
Nella nostra cella.

Gennaio 2005.
Nessuno parla più del Toro.
La Stampa, lo stesso giornale che oggi ci dedica così tante attenzioni, raramente ci riserva qualche trafiletto.
Il Toro? Non c’è più
I prigionieri? Chiusi in cella.
Quando si aprirà un inatteso squarcio nella cella, qualche mese dopo, in molti non avranno la forza di uscirne.

Cimminelli ride.
Di tutto si può dire su quell’uomo meno che non avesse il pelo sullo stomaco.
Circolavano tante storie su di lui.
Per tutto il tempo della sua permanenza a quello che restava del Toro, si fece un baffo di noi, delle nostre passioni, delle nostre suppliche, delle nostre marce.
Non gliene fregò mai nulla. Niente di niente, neanche per sbaglio.
Di lui, oltre al mio parere personale, resterà sempre il ricordo di un uomo che ride beffardo.

Attimi di anni dispersi nel dimenticatoio, tra un incubo e l’altro.
Guardi la tua città di notte e ti accorgi che ti stai sforzando di guardarla tramite le tue lenti a contatto anni ’70 o tutt’ al più ’80.
Credi che le ombre siano quelle delle persone che conoscevi.
Ma sai che forse la gente che amavi non c’è più, la città non sarà mai più la stessa.
E’ inutile fingere e continuare a mentire a se stessi.
Se mi tolgo le lenti a contatto, lo spettacolo è desolante e quasi mi sembra di rivedere tanti fili che forse agita no nuovamente gesti e pensieri.
Da qualche parte ho letto che una persona che viene tenuta a lungo segregata in una cella, perde lentamente la propria volontà e se per caso il suo aguzzino lasciasse la porta aperta, il prigioniero non avrebbe neanche più la forza di uscire, abituato com’è al suo lento spegnersi.
E se ancora, qualcuno lo riportasse alla luce e alla liberta, egli nel proprio inconscio bramerebbe e non vedrebbe l’ora di tornare a quelle quattro mura umide e maleodoranti, che sono ormai l’unico universo che conosce.

Il sogno mi avvolge nuovamente, in maniera inevitabile.
Sto urlando senza voce, con la rabbia della lucida disperazione.
Sono arrivato davanti alla cella, avvolto da brividi e da sensazioni di deja-vù.
C’è un uomo all’interno.
E’ lo stesso che mi disse “Non tornare più”. Mi gu arda e sorride di una beffarda e sarcastica amarezza.
Sono io stesso, è la mia immagine di qualche anno fa.
La cella e le mura umide.
Un luogo senza sbarre, dove morire lentamente, dimenticato.
La nostra casa tanto desiderata, alla quale ci siamo abituati.

A meno che…
A meno che la vista della cella, di com’era, della mia immagine disfatta di qualche anno fa, non mi faccia sussultare.
E non mi faccia trovare la forza di essere più forte di chi mi sta spingendo.
La forza di zoomare dal particolare al generale, di capire quali interessi e avvenimenti futuri possano andare oltre il pallone che rotola.
E di oppormi.
Un sussulto, un’ultima volta.
Devo trovare la forza.

MAURO SAGLIETTI

Link all'articolo: http://www.toronews.net/?action=article&ID=11115

sabato 23 ottobre 2010

Questioni di semantica

Parole e fatti. Teoria e pratica. Il dire, il fare… ed il mare.
In teoria vogliamo far capire a tutti che i tifosi del Toro non sono completamente allo sbando. In pratica probabilmente sono in rotta da un pezzo. A parole la situazione si risolve facilmente, poi però ti svegli una mattina, vai a ritirare i volantini che hai commissionato per promuovere la tua iniziativa pro-Toro, e scopri che il primo è stampato su carta gialla. Ma le scritte sono nere.
Semantica dei colori. Sono un’ape? Forse sì; adoro volare con la fantasia, mi piace sentirmi parte di un gruppo, sono piuttosto operoso e, soprattutto, per me il miele è meglio della nutella. C’è un problema. Sono un’ape monocromatica: né gialla, tantomeno nera.
Si instilla il dubbio. E’ il caso di consegnare nelle mani di una turbolenta tifoseria volantini dall’ambiguo colore? Guardo fuori. Anche il cielo è indefinibile: piove o non piove? Fa freddino, oggi. Abito a Torino, tifo per il Toro: l’inverno in sé non mi dispiace, quello del nostro scontento un po’ di più.
Esco.
Lungo il cammino tanti pensieri. Ad onor del vero anche un po’ di preoccupazione: il clima fortemente voluto da alcune frange è quello del terrore. C’è davvero differenza tra opinioni personali, voci di corridoio e notizie? Siamo alle solite: in teoria sì, in pratica ormai no. Non solo attorno al pianeta Toro, non soltanto nel calcio. Ovunque. Così capita, in meno di una settimana, di assistere allo sgretolamento generale di quel poco di dignità che, quantomeno di facciata, le parti in lotta tra loro stavano cercando di far sopravvivere. C’è chi getta il sasso e nasconde la mano; c’è chi davanti ai microfoni rilascia dichiarazioni quantomeno ingenue, per non dire indecorose; c’è chi coglie la palla al balzo per gettare la spugna e schierarsi apertamente “contro”, quando in realtà dovrebbe essere al soldo della probità; c’è chi delira senza ritegno; c’è chi tace e chi… assolutamente no!
Via le maschere. Si schierino gli eserciti.
Sguardi torvi tra tifosi. C’è chi distribuisce volantini con il faccione dell’editore alessandrino e la scritta “Cairo vattene” e chi, io, ne distribuisce altri in cui si invita soltanto al rispetto della civiltà. Scatole di cartone chiuse dal nastro adesivo alla mano, i soliti ragazzi chiedono fondi per la curva. Avranno diciotto anni, venti al massimo. Sono nati e cresciuti con il Toro già in B, dovrebbero più di tutti esserci abituati. E invece…
I tifosi passano ingrigiti. Preveggenza: oggi non sarà una giornata facile. Scorrono i volti, le parole si perdono nell’aria.
Sceicco…
Red Bull…
Cairo…
Assolutamente no…
Contestazione…
Eithad…
Ethiad…
Iet..
Hei…
Insomma: gli arabi…
Nessuno parla della partita, come se fosse l’ultimo dei pensieri o forse con la consapevolezza che lo sgambetto ciociaro è già nell’aria. Un tifoso si ferma, prende il volantino, sorride amaramente e profetizza: “è tutto inutile. Il danno è già fatto”. Ma i volantini continuano a passare di mano in mano. Sorprendentemente a terra non se ne vede nessuno; dalla Ovest alla Primavera quasi tutti sporgono apaticamente la mano ed afferrano i fogli.
Non sono tutti giallo-neri! Nel secondo pacchetto ce n’è rossi, azzurri, rosa, verdi…
Speranza.
Stiamo vivendo in bianco nero. Con la memoria ferma ai vecchi televisori b/w, magari senza telecomando, ma forieri di notizie sicuramente più liete. Bianca e nera è anche la città, ora come non mai volutamente dimentica del granata; perché è meglio non pensarci se tanto ogni volta che lo si fa vengono narrati infausti eventi. Bianca e nera è la carta stampata: sembra quasi irridere in grassetto nero su sfondo bianco il tifoso medio, quello che va allo stadio perché vuole vedere le maglie granata che giocano. Quello per cui si vinca con chi si vinca: che siano editori, sceicchi o distributori di bibite, purchè di tanto in tanto si vinca. Che siano alti, bassi, magri o muscolosi, purchè quelli in campo siano almeno guardabili. Quello per cui la semantica è inutile: i suoi pensieri non hanno bisogno di interpretazioni, sono genuinamente granata.
Ah, già… C’è anche la partita.
Sappiamo com’è finita.
Sappiamo cosa è successo dopo.
Immaginiamo cosa succederà prossimamente.
Comunque si evolveranno gli eventi speriamo soltanto di non far altre figuracce fuori dal campo. Ci servono idee, aneliamo la tranquillità; dobbiamo tentare di lanciare iniziative pacifiche che possano promuovere il Toro e Torino come realtà un po’ meno caotica; siamo obbligati ad offrire una spalla a chi in questo momento non riesce a tenere il capo dritto.
Dialogo. Ci si può far sentire anche senza urlare. A volte bastano un sussurro ed una manciata di parole educate. A volte basta il linguaggio del corpo.
Questioni di semantica.


Paolo