lunedì 20 maggio 2013

Il punto finale..



Il campionato di serie A per la stagione 2012/13 del Torino si può archiviare. Che campionato è stato? Diciamo di assestamento  ma vorremmo dire anche di prospettiva se sul futuro della gestione cairota non aleggiassero nubi portatrici di brutto tempo con possibilità di schiarite legate tutte alle intenzioni del presidente mandrogno. Siamo alla svolta e questa volta non ci possono essere fraintendimenti o dubbi: le strade sono solo due, non esiste una terza direzione. La prima è la solita e cioè nessun investimento oneroso, bussare alle porte delle altre società e mendicare qualche prestito per tamponare, temporaneamente, le perdite, qualche partecipazione con diritto di riscatto per giocatori di cui la società d’origine intende disfarsi e senza nessun diritto per quelli importanti di cui si cerca il rilancio o la maturazione. In poche parole vivacchiare di anno in anno in un alternarsi di categoria cui siamo abituati in questi ultimi venticinque anni. La seconda, in salita, porta ad un cambio di velocità indispensabile per ottenere risultati in termini di prestigio e dignità sportiva, numero di abbonati (finalmente allettati da una campagna acquisti interessante), credibilità nell’ambiente calcistico a livello di lega (di conseguenza anche arbitrale) e media (quindi visibilità maggiore perciò più introiti da sponsor interessati).

La squadra

   Una delle cose positive di questa stagione è stata la costituzione di un’ossatura-squadra importante che passa attraverso Darmian- D’Ambrosio-Glik-Ogbonna-Gazzi-Cerci-Santana. Costruire una squadra da mezza classifica inserendo tre o quattro giocatori di LIVELLO su questo telaio, parrebbe essere la soluzione migliore se non fosse che i menzionati giocatori hanno tutti un futuro incerto se non impossibile con la maglia granata. Vorrei spendere le ultimissime due parole sull’ex capitano che anche ieri sera ha dato la prova, se mai ce ne fosse bisogno, di essere un autentico galantuomo. Bianchi, è risaputo, non è Cavani, ma mi piacerebbe vedere il fenomeno uruguagio inserito in uno schema rigido come quello del Toro dove non esistono folletti come Pandev o dispensartori di  assists come HamsiK, vale a dire un intero gioco offensivo finalizzato a sfruttare le doti dell’attaccante super. Bianchi ha limiti tecnici notevoli ma con Colantuono è stato capace di realizzare in un campionato ventisette reti e gli undici gol di quest’anno potevano benissimo essere, se utilizzato in maniera più compatibile con le sue capacità, quindici o sedici. A Ventura non piace o, per non innescare motivi di polemica, non corrisponde al suo concetto di punta adatta al modulo adottato. Sono d’accordo con lui se vuole continuare con questa disposizione tattica, ma spero che non  insista con proporre un Barreto come attaccante principe a meno che il brasiliano non riacquisti d’incanto la condizione fisico-atletica che quattro (?) anni fa gli permisero di sfruttare a suon di gol la sua tecnica e rapidità. 

I tifosi

Il capitale più consistente che si trova nelle casse della società più amata dai torinesi (spero che sia sempre così anche quando la squadra di Venaria avrà vinto il suo centesimo scudetto ma avrà perso la sua ennesima battaglia per rimanere unica squadra della città), è costituito dall’immensa passione che i tifosi del Toro profondono nella squadra da sempre. Passione senza prezzo e in grado di superare qualsiasi sofferenza per un gol, un gesto di amore per la maglia granata dimostrato da un giocatore che la indossa o una  vittoria anche se striminzita. Cairo, Petrachi, Amministratori della città, attingete a piene mani da questo serbatoio di genuine risorse ma rispettando la loro storia e aiutando il loro futuro.

Fulvio   

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