domenica 17 marzo 2013

Riscatto ventennale!




Il lunedì successivo a Torino-Palermo, in una delle tante bellissime piazze del centro, incontrai che passeggiava insieme alla sua famigliola uno dei calciatori di questo Toro dal rendimento costantemente sopra la sufficienza in tutta la stagione. Atleta al quale non si può addebitare nulla di quel patetico pareggio con i rosanero allenati, in quella occasione dall’odiatissimo torinese Gasperini. Rivolgendomi a lui con il sorriso sulle labbra in una sorta di simpatica esortazione gli chiesi di vincere qualche partita e ridarci un po’ di entusiasmo. La sua risposta fu che con due sole vittorie saremmo stati salvi. Non replicai per non importunare chi si stava godendo la giornata di riposo con i suoi cari ma dentro di me fui subito invaso dallo sgomento per quella risposta data in assoluta genuinità e buona fede ma che denotava l’incapacità che hanno i giocatori di questa squadra a comprendere lo stato d’animo dei suoi tifosi. Probabilmente, con quelle parole, voleva rassicurarmi che non c’era pericolo di retrocessione temendo questa fosse la mia preoccupazione. Purtroppo l’angoscia che attanaglia il tifoso del Torino di vecchia data e nel mio caso di vecchissima data, è proprio figlia di quelle parole: non ne possiamo più di galleggiare per un paio d’anni sul fondo della classifica e poi sorbirci per tre anni la serie B! Abbiamo diritto anche noi a qualcosa di più! Non tanto quanto i tifosi di Napoli o della Fiorentina o della Lazio,  ma almeno come i tifosi di squadre che non hanno mai vinto uno scudetto come Catania e Udinese. Da anni non battiamo una squadra che ci sta davanti e quest’anno il massimo della soddisfazione è stato un pareggio a San Siro contro i nerazzurri di Stramaccioni (mica Mourinho) dove dopo di noi hanno vinto Pescara e Bologna, e una vittoria al fotofinish con l’ultima in classifica in virtù di un rigore, uno dei tanti contro, sbagliato da chi non sbaglia mai: l’ex idolo della Maratona Rosina. Com’è possibile per i giovani avvicinarsi al Toro se in questi ultimi vent’anni, dopo la Coppa Italia vinta a Roma nel ’93, non hanno avuto più nessun motivo per entusiasmarsi se non un paio di promozioni dalla serie B alla A? La mia generazione ha visto la rinascita della squadra negli anni sessanta dalle macerie di Superga grazie al miglior vivaio di Italia capace di produrre in quegli anni nazionali come Fogli, Castelletti, Petris e poi Vieri, Poletti, Agroppi, il grande Ferrini per tacere di chi pur non provenendo dalla formazione del Fila a questa maglia ha dato molto sentendola sua come Puja e  Simoni, anch’essi approdati in quegli anni in nazionale per tacere di quel fuoriclasse in tutte le sue manifestazioni che rispondeva al nome di Meroni. Negli anni settanta c’è stata la consacrazione di quei valori che già con Giagnoni ci riavvicinarono alla lotta per il titolo che arrivò con Radice. Niente di tutto questo è capitato di vedere dai giovani che oggi stoicamente tifano Toro. Poco o niente anche della squadra della metà degli anni ottanta che con Junior, Dossena e Zaccarelli contese al Verona uno scudetto storico. Anche della bellissima squadra che Mondonico, schierando campioni come Lentini, Scifo, Martin Vasquez e capitan Cravero, portò a contendere al mitico AJiax  la Coppa Uefa. Per avvicinare nuovi tifosi e ridare linfa alla passione mai sopita ci vuol altro che due misere vittorie per ottenere una salvezza senza infamia e senza lode. Stasera, contro la Lazio, ci aspettiamo quello che non è ancora successo e cioè un bel successo e niente altro per cacciare lo sconforto.

Fulvio   

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