lunedì 17 dicembre 2012

Pietro Micca, Granata!!!!





Sono sempre stato Granata, non sarebbe potuto essere altrimenti, ero un semplice soldato-minatore dell’esercito sabaudo durante il sanguinoso assedio di Torino del 1706. La mia storia la conoscono tutti i torinesi, c’è chi sostiene che io abbia dato la mia vita consapevolmente per salvare Torino dai francesi, altri invece che io l’abbia persa soltanto perché la miccia che ha fatto detonare l’esplosivo in quella maledetta galleria fosse troppo corta e non mi ha dato il tempo di fuggire. Ma cosa importa? Sono caduto adempiendo al mio dovere.
Veglio su Torino dalla collina di Superga, dalla Basilica fatta costruire da Vittorio Amedeo di Savoia a ricordo di quella incredibile Vittoria. Sì, avete capito bene, è anche un po’ colpa mia se il Grande Torino è stato annientato quel maledetto giorno del 4 Maggio del 1949. Corsi e ricorsi storici per una Squadra maledetta ma irresistibile per fascino: in fondo colui che ha investito la Farfalla Granata è poi diventato Presidente del Torino Calcio. 



Come mai il Toro? I gobbi o pigiami erano nati da un gruppo di studenti del Liceo Massimo D’Azeglio, liceo borghese della Città e io invece sono frutto di quella che voi ora chiamate working class, di conseguenza è stato facile parteggiare per quella maglia di colore Granata che richiama al sacrificio.
L’amore totale è scoccato ammirando  le gesta di Capitan Mazzola e compagni da lassù, prima il calcio non è che mi interessasse molto, ma poi sono arrivati loro che mi hanno incantato e che hanno ridato speranza a un’intera generazione di Italiani nel dopoguerra, un po’ come avevo fatto io durante l’assedio del 1706 per i miei concittadini Torinesi.
Mi ricordo ancora il 4 Maggio del 1949, il giorno in cui li ho conosciuti di persona, sono arrivati da me dopo lo schianto sulla parete della Basilica dell’aereo che li trasportava. Ho stretto la mano al Capitano con un’emozione senza pari, avevo di fronte a me la Squadra di Calcio che aveva allietato alcuni momenti di un’eternità passata a vegliare i Torinesi. Ma dopo la felicità equiparabile a quella di un bambino che incontra i suoi idoli, la tristezza ha invaso il mio cuore, il mondo non poteva più ammirarli, da quel momento gli unici  campi che avrebbero solcato sarebbero stati quelli del Paradiso. Valerio Bacigalupo accortosi del mio stato d’animo, mi ha appoggiato una mano sulla spalla e con un sorriso da guascone mi ha sussurrato: “In fondo non mi dispiace non invecchiare”.
Da quel giorno, insieme non ci perdiamo più una partita del Toro e se vi soffermate per un attimo ad ascoltare il vento potrete sentire le nostra urla di incitamento… Le mie sono facili da riconoscere, sono in piemontese. 

Pietro Micca

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