domenica 16 ottobre 2011

CONTINUA LA MARCIA

Tante sono le considerazioni da fare su questo sofferto ma meritato successo casalingo. La prima considerazione è che dopo il match con il Grosseto, alla luce dei precedenti con Cittadella e Brescia, dissi che il canovaccio sarebbe stato sempre stato lo stesso vale a dire all'Olimpico tutti nella propria metacampo dietro la linea della palla pronti a ripartire appproffittando dello sbilanciamento dei nostri in avanti. Considerando che così l'azione di impostazione del gioco nasce dallo scambio di palla dei nostri quattro difensori in attesa dello smarcamento di qualcuno in mezzo o là davanti, finisce che si trovano in quattro contro otto subendo una situazione di raddoppio difensivo sin dal ricevimento della palla. E' chiaro che in questa condizione è oltremodo difficile trovare lo sbocco verso l'area avversaria e il rischio di prestare il fianco alle ripartenze degli avversari è sempre possibile.

Ma la consapevolezza della propria forza è l'arma vincente perchè permette di non cadere negli affanni di chi pensa di non farcela complicandosi tutto. Un'altra considerazione è quella relativa al necessità di ricorrere a formazioni di volta in volta diverse perchè nel calcio moderno non esiste più il calciatore che sa svolgere, a seconda dell'avversario o della situazione tattica mutata, un doppio ruolo. Mi spiego meglio: quando Ventura avverte l'esigenza di essere più coperto sulle fascie perchè deve cautelarsi laddove l'avversario, nella ricerca del gol per il risultato, ha maggior facilità di manovra, ecco che toglie un laterale spiccatamente offensivo come Stevanovic e inserisce un D'ambrosio abituato a partire da una posizione arretrata. Il giocatore che sa agire nelle due fasi leggendo alla perfezione il momento tattico della partita è molto raro e quindi è necessario che l'allenatore sia attento e tempestivo nell'intervenire. Mi vengono in mente due giocatori del passato che in questa duplice fase erano dei veri maestri, vale a dire Angelo Domenghini nell'Inter e nella nazionale di Valcareggi (quella di Città del Messico, mondiali 1970 per intenderci) e Rosario  "Serino" Rampanti, pupillo di Giagnoni oltrechè corregionale, tornante di destra di quel Torino che ebbe il merito di riportare la gente granata a sognare lo scudetto dopo tanti anni.

Attualmente in rosa non abbiamo giocatori con queste caratteristiche così si sacrifica un ottimo attaccante come Antenucci in un ruolo che in trasferta, con spazi più ampi a disposizione, può essere devastante come in occasione del gol di Bianchi a Genova, ma in casa, costantemente raddopiato e chiamato a coprire per evitare i contropiedi degli avversari, si trova in difficoltà. Inoltre, lasciando spesso solo Parisi, costringe quest'ultimo a non avventurarsi in anticipi o interventi sull'ala che, se fosse superato in dribbling, avrebbe via libera verso il fondo o addirittura dentro l'area di Coppola. Questi sono i rischi che corriamo in casa ma sbaglia chi dice che la fortuna ci assiste e è determinante perche'  lo è in misura uguale per tutti. Nell'occasione dello sventato rinvio del nostro portiere, se la palla, finita addosso mi pare a  Raimondi,  fosse carambolata in rete, si sarebbe forse trattato della conclusione di una pericolosa azione avversaria?  No, siamo finalmente squadra forte e conscia delle proprie capacità ma soprattutto umile ed attendista: doti fondamentali per chiudere i novanta di gioco con in mano il risultato. Ho letto che in un ristorante cittadino alcuni clenti avendo riconosciuto fra gli altri ospiti Ventura, lo abbiano applaudito.Vorrei unirmi  simbolicamente  a quegli applausi perchè il merito di aver creato una squadra vera dalle ceneri è degno di essere sottolineato con applausi.


Fulvio  

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