sabato 15 ottobre 2011

La Farfalla Granata è volata in cielo

<<Gigi Meroni è stato tra i simboli di un'epoca. E' stato il simbolo di una certa (bellissima) idea di calcio. Per questo oggi il suo ricordo giganteggia. Per questo nessuno oggi immaginerebbe più di raccontare l'Italia degli anni sessanta, non solo calcistici, senza nominarlo. Per gli uomini che segnano i tempi è sempre cosi. Prima sottovalutati, poi riscoperti e vissuti con identificazione e ammirazione crescenti>>. Così lo definì Nando Dalla Chiesa. 
Era il 15 ottobre 1967, una sera uggiosa di un autunno torinese, quando la "Farfalla Granata" ha spiegato le ali compiendo il suo ultimo volo. Corso Re Umberto, poco lontano dal centro del capoluogo piemontese; un'auto, causa nebbia ed oscurità, non si accorge della presenza di Gigi Meroni, che sta attraversando la strada e lo centra in pieno. Muore così uno dei più grandi giocatori della storia del Toro, ma soprattutto si spegne la vita di questo eccentrico, e mai banale, ragazzo di 24 anni.
Durante la mattinata di oggi, una delegazione del Torino F.C. poggerà alla base del cippo commemorativo una corona di fiori in ricordo della Farfalla Granata, scomparsa 44 anni fa.
La carriera di Meroni inizia nel Como, la squadra della sua città natale, nelle cui giovanili milita fino all'età di 19 anni, quando viene ceduto al Genoa. Come in un sogno, Gigi si ritrova improvvisamente catapultato in una realtà ben diversa da quella di provincia, vissuta fino a quel momento; ora è nel calcio che conta, è nella squadra più antica d'Italia, una delle più titolate, in quegli anni. Quaranta presenze con la maglia rossoblu, poi la cessione, nel 1964, ai granata. Rimpianto dalla tifoseria del "grifone", subito amato da quella granata. Ha un carattere estroverso Gigi, spesso fuori dagli schemi, capace di unire genio e sregolatezza, in campo come nella vita di tutti i giorni. Dribbling ubriacanti, l'uomo dell'ultimo passaggio sul tappeto verde, in grado di far rinascere il suo amico Combin, dato per finito dalla Juve e tornato al top tra le file granata a suon di gol, propiziati dagli assist della Farfalla Granata.
Fuori dallo stadio semplicemente un personaggio unico. Difficile descriverlo. Fuori da ogni schema. Meroni ascolta i Beatles e la musica jazz, dipinge quadri legge libri e scrive poesie. Convive nella "mansarda di Piazza Vittorio" insieme a Cristiana, la "bella tra le belle" dei Luna Park della quale si innamorò follemente tanto da presentarsi al matrimonio imposto dai genitori di lei per cercare di fermare la cerimonia. Disegna i vestiti che indossa, sui modelli di quelli dei Beatles, passeggia per Como portando al guinzaglio una gallina, si traveste da giornalista e chiede alla gente cosa pensa di Meroni e ride se la risposta è che non lo conoscono.
Controverso anche il suo rapporto con la maglia azzurra. Convocato una prima volta in Nazionale dal ct Fabbri, rifiuta la chiamata dal momento che il ct azzurro gli ordina di tagliarsi i capelli. Gigi, per come era fatto, non avrebbe mai potuto rinunciare al suo ego, neppure di fronte ad un'opportunità del genere, quella di vestire la maglia azzurra. Accade così che la convocazione viene rispedita al mittente. Alla fine però Meroni vestirà comunque l'azzurro, nella sfortunata spedizione ai Mondiali del '66; per lui il bottino in Nazionale è di sei presenze e due reti.
L'ultimo volo la Farfalla lo compie in occasione di Torino-Sampdoria, terminata 4-2 per i granata. Alla sera, insieme all'amico Poletti abbandona il ritiro e mentre si sta dirigendo verso una gelateria, attraversando corso Re Umberto, sopraggiunge una macchina, che lo urta violentemente. Alla guida del mezzo c'è un giovane di diciannove anni, grande tifoso granata e ammiratore di Gigi, Attilio Romero, che in futuro diventerà Presidente della società granata. Inutile la corsa in ospedale, troppo gravi le fratture ed i traumi riportati. Meroni si spegne la  sera stessa, lasciando dietro di sè un grande vuoto.
Ai funerali partecipano migliaia di persone per colui che fu il giocatore più amato e nello stesso tempo odiato d'Italia. Nel punto in cui fu investito i tifosi di Gigi ancora oggi portano fiori in sua memoria.
La domenica successiva alla sua morte si gioca il derby con la Juventus che il Torino vince per quattro reti a zero (cosa che non è più successa). Tre gol sono messi a segno dal suo grande amico Combin che scende in campo nonostante i 39 gradi di febbre. Il quarto gol lo sigla un giovane ragazzo, Carelli. Sulle spalle porta un grande peso, la maglia numero 7.

Pubblicato da: www.torinofc.it 

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